«Lavoriamo perché un arcobaleno di colori splenda sulla vita di chi ha perduto la speranza, e l’armonia della pace torni a regnare dove il male ha falciato tante vite». È un passaggio, tra i più emblematici, che muovono le riflessioni della Via Crucis, ospitata, in occasione del Venerdì Santo, in Cattedrale.
Per il secondo anno consecutivo, a causa delle restrizioni volte a evitare il contagio da COVID-19, non c’è stata la tradizionale processione, per le vie del centro cittadino, delle “storiche” Varette, rimaste ancora una volta custodite nella chiesa di Gesù e Maria. Ma rispetto al 2020, quando ciascuno ha vissuto questi giorni nella solitudine delle proprie abitazioni, ci si è potuti riunire in assemblea.
Non solo il ritorno alla preghiera in comunione, a caratterizzare questo solenne giorno del Triduo Sacro, però, è stata la scelta di affidare le meditazioni delle 14 Stazioni che rievocano l’ultimo tratto del cammino che Gesù percorse durante la sua vita terrena, a medici e personale dei presidi sanitari di Reggio Calabria. Non una scelta casuale. Ma ricaduta su uomini e donne che ben conoscono il soffrire.
«La Via crucis è un percorso che accomuna tutta l’umanità. Ciascuno compie la sua personale. Ma ci sono situazioni e scelte che rendono noi compagni di strada sulle vie dolorose di altri. L’empatia, visitata dalla grazia divina, si fa compassione». Ha detto non a caso Monsignor Morosini, nell’evidenziare come «il medico scende al livello di strada del malato e lo guarda negli occhi, ne sente il calore della carne, avverte tutte le vibrazioni della sua anima e lì, in quel momento di ineffabile amore, lo prende su di sé fino ad assumerlo in sé. È la logica del buon Samaritano della parabola di Gesù, di cui la Via crucis è la concreta realizzazione».
«Ogni medico – ancora le parole dell’amministratore apostolico di Reggio Calabria – è chiamato a non scegliere la via crucis del sofferente, ma gli viene data, quasi imposta. Il medico, che ogni giorno entra nei deserti dei malati, nelle loro vie crucis, impara a non amare tanto la sua professione, quanto il suo fine: Non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici».
A loro volta, le meditazioni formulate dal Dottor Vincenzo Calafiore del GIOMI, dalla Dottoressa Carmela Palumbo del GOM, dalla Dottoressa Maria Maddalena Saladino del GOM, dalla Dottoressa Caterina Petraroli del GOM, dalla Dottoressa Tita Larocca del GOM, dalla Dottoressa Domenica Quagliata libero professionista, dalla Dottoressa Marilena Lia del GOM, dal Dottor Domenico Quattrone del GOM, dal Dottor Roberto Pennisi, Direttore del Consultorio Familiare Diocesano, dalla Coordinatrice Infermieristica Dottoressa Francesca Moscato del GOM, dal Dottor Cesare Romeo, presidente dei Medici Cattolici, dal Dottor Fabio Cristiano del GOM, dalla Dottoressa Ottavia Giovannini del GOM e dalla Dottoressa Teresa Sculli del GOM, non sono state solo meditazioni formulate dai medici cattolici dell'Arcidiocesi, ma hanno assunto il valore dell'autentica testimonianza di chi, ogni giorno, compie la propria missione curando il corpo non solo con i farmaci, ma con quell'amore e dedizione, medicina imprescindibile per la cura del prossimo.
Loro, a rappresentare, quest’oggi, tutti i medici e agli operatori sanitari che non solo in questo lungo periodo contrassegnato dalla pandemia, ma «ogni giorno – ancora le parole di Morosini, nell’affidare il loro operato alla Madonna della Consolazione – si nutrono della speranza di vedere soddisfatti i loro sforzi certamente nella guarigione dei loro pazienti».
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