La lettera, un viaggio e la meta.
Tutti i regali dovrebbero essere accompagnati da alcune cose per renderli veramente personali. Non basta solo il pensiero; non basta la scelta del regalo stesso; non basta nemmeno il tempo che si impiega per la ricerca del regalo giusto: Perché un regalo sia davvero “cucito su misura” sono necessarie le parole e la formulazione degli auguri scritti. Il regalo apre il cuore ma le parole fanno nascere la meraviglia. La Lettera mi sembra come l’incarto del regalo. Spesso lo si strappa perché, logicamente, è il regalo che ci interessa ma l’incartamento dice la cura, l’attenzione, la bellezza che è stata usata.
In questa Lettera ci viene proposto un viaggio. Non nei luoghi sognati per le vacanze, quelli descritti dalle pubblicità. Ci viene proposto un viaggio molto più intimo e particolare che ha bisogno di preparazione ma non di soldi; di tempo ma non di chilometri; di riscoperte affascianti e non solo di curiosità. Questo viaggio ha a che fare con il viaggio di Abramo che il Papa indica come prototipo di ogni cammino. È un viaggio: «verso un futuro non conosciuto ma portatore di sicure realizzazioni ». Questo viaggio comincia da una voce. Non basta solo il desiderio di partire, occorre ascoltare la voce del cuore, proprio come Abramo. Per vivere questo Sinodo allora è necessario avere voglia di cammini più che di poltrone sicure; serve il coraggio di riaprire il cuore più che di fare i conti per l’utilizzo delle energie. In questo tempo di preparazione allora occorre dare senso a quel “vattene” che Dio stesso rivolge ad Abramo. C’è bisogno dunque di dare voce al cuore, di rimetterlo al centro della nostra vita e dei nostri cammini.
Come ogni viaggio c’è bisogno di una meta che sia chiara e raggiungibile; che abbia la bellezza e l’importanza perché ciascuno possa decidersi per il cammino. Non è un viaggio nel vuoto. Non si parte “all’avventura”; non si programma il viaggio della vita senza sapere dove andare. Questo viaggio ha una meta bella, alta, profonda, che darà senso al tutto il nostro impegno.
La meta di questo viaggio passa dalla domanda di due discepoli di Gesù: «Maestro, dove abiti». «Venite e vedrete» risponde Gesù. Non si conosce la meta solo sognandola o immaginandola. C’è bisogno di un cammino (venite) e di una sicura speranza (vedrete). Gesù salti nel buio. Gesù chiede l’impegno del cammino, la bellezza dei coinvolgimenti, la fatica di andare alla ricerca. Sarebbe bastata la descrizione del luogo con tanto di planimetria e invece Gesù li invita a muoversi, a uscire dalle loro sicurezze e dal desiderio delle risposte facili. Li fa mettere in cammino.
La nostra vita è un cammino. A noi spetta capire l’orizzonte dopo aver ascoltato la voce del cuore e non aver paura.
Dai nostri passi e dalle nostre scelte coraggiose possiamo capire che vita stiamo facendo.
* Assistente nazionale del Settore giovani di Ac
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