«Chi chiede trasparenza ha ragione. L’economia della Santa Sede deve essere una casa di vetro. Questo è quel che il Papa ci chiede», afferma in una intervista a Vatican News il prefetto della Segreteria per l’economia, il gesuita spagnolo Juan Antonio Guerrero. «I fedeli hanno il diritto di sapere come usiamo le risorse nella Santa Sede. Non siamo proprietari, siamo custodi di beni che abbiamo ricevuto».
A differenza del passato, il bilancio riguarda solo la Curia romana, ossia la Santa Sede, pari al 35% del budget vaticano complessivo, e non è dunque il bilancio consolidato che comprenderebbe anche Stato della Città del Vaticano (pari al 15%), Ior (17%), altre fondazioni e fondi, quali il fondo pensione (24%) e, infine, l’Obolo di San Pietro (6%) e un altro fondo riservato della Segreteria di Stato, pari al 3% del totale, assurto all’onore delle cronache perché da lì sono stati attinti i soldi per la compravendita dell’ormai celebre palazzo di Slogane Avenue 60 a Londra. Il bilancio, elaborato dalla Segreteria per l’Economia, è stato presentato al Consiglio per l’Economia presieduto dal cardinale Reinhard Marx. Se in passato veniva pubblicato un bilancio consolidato molto generico, adesso il budget è denso di dettagli.
In 53 pagine dense di cifre, percentuali, grafici e tabelle, emerge un quadro che fa guardare con un certo ottimismo al non facile futuro. Il conto economico del 2019 ha fatto registrare un surplus di oltre 20 milioni nel risultato operativo, dovuto ad un lieve calo delle donazioni ricevute dalle diocesi del mondo ma anche dallo Ior (14 milioni) – calo che si è concretizzato anche a fronte del fatto che nel 2018 l’Elemosineria apostolica e il dicastero per lo Sviluppo umano integrale avevano ricevuto ingenti donazioni «una tantum» – e ad un aumento dei ricavi del patrimonio dell’ Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa). Le spese sono diminuite di oltre 29 milioni, anche in ragione del fatto che nel 2018 l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (Idi) aveva assorbito, per appianare i debiti, quasi 30 milioni di euro. Ma soprattutto l’evoluzione del risultato finanziario, ossia di investimenti ben gestiti, ha generato un ricavo di 43 milioni e 898mila euro. Il deficit complessivo è di 11 milioni e 109mila euro a fronte di 50,3 milioni nel 2018. Per precisione, spiega padre Guerrero, «dovrebbero essere eliminati alcuni costi e ricavi che sono stati straordinari nel 2018 o nel 2019. Neutralizzare questi “one timers” porterebbe al risultato di un deficit di 22 milioni di euro nel 2019 contro 50 milioni di euro del 2018». (Fonte: Famiglia Cristiana)
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