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Pur essendo Papa praticamente sembrava un parroco, il parroco del mondo, messaggero di speranza, sempre vicino alla gente comune
Ho ancora davanti agli occhi, con la commozione nel cuore, la moltitudine di persone che, per ore ed ore, in fila, aspettavano di salutare per l’ultima volta Papa Francesco, il Papa della gente. Un’ondata d’amore interminabile piena di gratitudine e di affetto per l’uomo del Vangelo che visibilmente sofferente e ad un passo dalla morte, voleva ancora abbracciarci, nella piazza gremita, augurando a tutti una buona Pasqua.

Sono immagini indelebili: il Papa in carrozzina che respirava a fatica ma che nonostante la sua sofferenza desiderava ardentemente, come Gesù nell’ultima cena, in una giornata significativa, non fare mancare al suo amato gregge la sua presenza che diceva gioia di stare insieme, dedizione, sacrificio, amore, dono di tutta la sua vita… fino alla fine.
Il pontificato Papa Francesco è stato un pontificato intenso ed innovativo. Sin dall’inizio ha voluto dare alla sua missione una impronta particolare, un nuovo dinamismo per fare innamorare del Vangelo, un Vangelo che ci rende “fratelli tutti”, e che lui viveva nella sua quotidianità rendendolo anche a noi quasi facile da vivere per essere felici.
Ha sintetizzato con la dolcezza del suo animo e l’indole pacifica e gentile, quasi con dei flash, alcune intuizioni che indicavano alle realtà ecclesiali, politiche e sociali la strada da seguire: «Chiesa in uscita», «cultura dello scarto», «globalizzazione dell’indifferenza», «Chiesa povera per i poveri», «pastori con l’odore delle pecore», «etica globale della solidarietà» e le tre semplici parole per aiutare la famiglia «permesso; grazie; scusa».
Ha portato la Chiesa “fuori”, nel mondo, e il mondo “dentro” la Chiesa, con uno stile di prossimità e semplicità evangelica facendoci sognare come ha fatto lui, una Chiesa per tutti, sempre aperta per accogliere chiunque bussa alla sua porta.
È stato il Papa della tenerezza e degli abbracci: “abbracci che mancano, abbracci che salvano, abbracci che cambiano la vita” sempre importanti nell’orizzonte dell’incontro e della fraternità.
Anche quando la voce veniva a mancare, fino alla fine, ha sempre invocato e implorato la pace in un mondo dove infuriano tante guerre, piccole e grandi, combattute «a pezzi».
Papa Francesco: un pastore “grande nell’amore”, “il buon samaritano” di oggi, attento alle persone, sempre pronto a chinarsi e curare, senza calcoli e senza risparmiarsi, le ferite dei bisognosi che incontrava nella sua via.
Pur essendo Papa praticamente sembrava un parroco, il parroco del mondo, messaggero di speranza, sempre vicino alla gente comune, con gesti paterni, materni e fraterni: telefonate a sorpresa, visite improvvise, biglietti autografi, incontri con le parrocchie romane e nei luoghi di emarginazione, sempre e comunque partecipando e condividendo le fatiche di quanti incrociavano la sua vita.
I funerali di Papa Francesco hanno chiuso per sempre la sua splendida e speciale missione terrena lasciandoci un patrimonio di grande valore da non sprecare: la testimonianza di una vita donata al mondo fino alla fine
Ora tocca a noi accogliere questo dono, continuare sulla sua scia impegnandoci con il coraggio della parola e delle azioni per contribuire a realizzare il suo sogno: una Chiesa per tutti.
Servono allora più che mai le nostre mani, i nostri piedi, il nostro cuore, la nostra vita di “discepoli missionari” per far camminare e diffondere il messaggio di tenerezza, di fraternità e di amore di un grande Papa.
Grazie Papa Francesco, per la tua testimonianza luminosa. Hai portato tra le pieghe della tua “umanissima” umanità tutto il mondo. Di te sicuramente ci è rimasta impressa nel cuore forse l’immagine più bella: era il 27 marzo, e tu, solo, con passo appesantito, sotto la pioggia, nel silenzio assordante del lockdown, rotto solo dal suono di un’ambulanza, attraversavi Piazza San Pietro deserta, nel tempo sospeso della pandemia.
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Gli occhi del mondo erano su quella piazza e noi, chiusi in casa, guardavamo un uomo anziano che sembrava portare sulle spalle tutto il peso di una tragedia che ha cambiato e sconvolto la vita di tutti. L’umanità era stanca e sfiduciata ma tu, il nostro pastore, ci parlavi di speranza e di fratellanza e mentre ci dicevi, come uno di noi: «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo tutti chiamati a remare insieme», come sempre, portavi con te, nella preghiera davanti al Signore, il mondo intero.

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