
Povertà educativa: Milano, inaugurato stamattina il nuovo Punto Luce di Save the Children
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“Una catechesi visiva che dal 1492, anno della scoperta dell’America, è anche il luogo dell’elezione del Pontefice romano”. Così Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani, ha definito la Cappella Sistina, illustrandone i capolavori che contiene la “Cappella Magna”, come veniva chiamata per distinguerla dalla “Cappella Parva”, la Cappella Paolina, dalla quale domani partiranno i 133 cardinali elettori in processione per l’inizio del conclave che eleggerà il 267° successore di Pietro. Dai capolavori dei quattrocentisti – da Sandro Botticelli a Pietro Perugino, da Domenico Ghirlandaio a Luca Signorelli – che decorano le pareti con le scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, intrecciando le vicende dell’Antico, con i riquadri raffiguranti la vita di Mosè, e quelle del Nuovo, con gli affreschi incentrati sulla vita di Cristo, fino al Michelangelo della volta, affrescata in solitaria in quattro anni, dal 1508 al 1512, per arrivare al capolavoro più ammirato: il Giudizio universale, un’icona universale con la quale vengono spesso identificati i Musei Vaticani. “È un’attrazione magnetica per chiunque entri in Cappella Sistina”, ha detto Jatta: “La sua potenza visiva, la composizione a vortice in uno spazio senza partiture né paesaggio e su uno sfondo di blu lapislazzuli, cattura e intimorisce. Ed è un monito anche per i cardinali votanti riuniti in conclave in quella Cappella così speciale; essi infatti portano il loro determinante voto per il futuro della Chiesa proprio all’altare posto di fronte al Giudizio universale”. L’esecuzione del grande affresco durò cinque anni, dal 1536 al 1541, e impiegò un Michelangelo sessantenne in 456 giornate di duro lavoro. “Giudizio universale” è il termine con il quale è conosciuto il grande affresco. Come affermava Antonio Paolucci, il termine è corretto, ma sarebbe forse meglio definirlo “Parusia”: l’ultima venuta di Cristo sulla terra a giudicare i vivi e i morti, a cancellare per sempre il mondo, il tempo e la storia. “Chi guarda il Giudizio universale ha l’impressione che non ci sia una parete ma che lo sguardo si apra verso uno spazio infinito fatto di aria gelida e azzurra”, ha commentato Jatta: “È una sensazione terribile quella che si prova davanti al grande murale di Michelangelo. È la stessa che deve aver provato papa Paolo III Farnese quando – come ci riportano le cronache – si inginocchiò sgomento, con le lacrime agli occhi, quel giorno di ottobre dell’anno 1541, vigilia di Ognissanti, quando il Giudizio universale venne scoperto”. Oggi, grazie a un sapiente restauro eseguito negli anni Novanta del secolo scorso, possiamo ammirarlo nel pieno della concezione michelangiolesca. L’intervento conservativo condotto dal Laboratorio di restauro pitture dei Musei Vaticani ha riportato l’affresco alla tavolozza originale, permettendone una fruizione ottimale, non più alterata da secoli di nerofumo e vernici. Il monitoraggio costante di vari reparti dei Musei Vaticani su tutta la Cappella Sistina, e in particolare sulla parete del Giudizio universale, permette di controllare in tempo reale il suo stato di conservazione.
Fonte: AgensirPovertà educativa: Milano, inaugurato stamattina il nuovo Punto Luce di Save the Children
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