Avvenire di Calabria

Colombia: Chiesa in prima linea per aiutare i civili colpiti dagli scontri armati nel Catatumbo. Mons. Olave (Ocaña), “importante avere comunità formate”

di Redazione Web

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“Come Chiesa siamo stati in grado di accompagnare questa crisi, perché ci sono sacerdoti formati, ci sono comunità formate che hanno saputo resistere a questa dolorosa realtà e credo che questo garantisca ancora di più il sogno di raggiungere la pace”. È il piccolo segno di speranza suggerito da mons. Orlando Olave, vescovo di Ocaña, intervistato da Adn-Celam, rispetto all’emergenza umanitaria, che continua a essere ai massimi livelli, nella provincia colombiana del Catatumbo, nel dipartimento nordorientale del Norte de Santander, dove molte migliaia di famiglie hanno dovuto abbandonare la loro abitazione, di fronte agli scontri tra gruppi armati, innescati dall’offensiva dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), che ha trovato la reazione dei dissidenti della disciolta guerriglia delle Farc. Circa 80mila i civili coinvolti nel conflitto, 23.000 dei quali si trovano in isolamento forzato nelle zone rurali della provincia. Mons. Olave riferisce che la diocesi, attraverso la Pastorale sociale e i parroci, continua a fornire aiuto spirituale e umanitario alla popolazione. La Chiesa, secondo il vescovo, sarà sempre pronta ad accompagnare qualsiasi processo di dialogo in cui sia chiamata.
Sul conflitto in Catatumbo è uscito in questi giorni un report dell’ong Human rights watch, secondo la quale i gruppi armati, in questi mesi, hanno commesso gravi abusi contro la popolazione locale, e uno sfollamento di civili di queste proporzioni non si verificava da decenni, nel Paese. “La nostra ricerca suggerisce che l’Eln sta commettendo abusi diffusi contro i civili nel tentativo di riprendere il controllo del Catatumbo”, ha dichiarato Juanita Goebertus, direttore per le Americhe di Hrw. Le vittime che abbiamo intervistato hanno anche descritto i gravi abusi commessi dal 33° fronte (dissidenza Farc), tra cui il reclutamento di bambini e il lavoro forzato, e la grave mancanza di protezione da parte delle autorità statali”.

Fonte: Agensir

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