Avvenire di Calabria

Consacrata la nuova Cappella nel Carcere di Arghillà

La celebrazione officiata da monsignor Morrone con la partecipazione della Polizia penitenziaria, dei vari responsabili di settore e di alcuni detenuti

di Gianluca Del Gaiso

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Il Direttore Tortorella: «Non si possono costruire speranze se queste non poggiano su azioni concrete»

La scorsa settimana è stata consacrata la nuova cappella della Casa Circondariale “Arghillà”. «Un momento molto sentito» dice il Direttore del plesso, Rosario Tortorella. «Un momento che ci avvicina ad una dimensione di speranza che la presenza dell’Arcivescovo ci ha donato. E aggiunge: «Un momento per riflettere su come la speranza sia anche impegno, responsabilità e operosità da parte di ciascuno. Non si possono costruire speranze se queste non poggiano su azioni concrete». Da qui l’intervento dell’Amministrazione penitenziaria per offrire opportunità di riflessione ma anche di reinserimento sociale.



«L’aspetto della religiosità e della fede ci porta ad una riflessione che ci consegna una prospettiva positiva del mondo». Entusiasta monsignor Fortunato Morrone che ha officiato la celebrazione con la partecipazione insieme alla Polizia penitenziaria, i vari responsabili di settore e alcuni detenuti. «Ringrazio il Signore attraverso le persone che hanno realizzato questa Cappella che è veramente un segno di speranza in questo anno del Giubileo della Speranza. Anche qui c’è un cammino, anche se è una casa protetta da cui non può uscire chi vi abita».

La Cappella ad Arghillà segno di speranza

E proprio per questo aggiunge: «ringrazio le persone, innanzitutto il Direttore, perché da tempo si voleva realizzare questa Cappella e finalmente si è riuscita a farla anche in spazi più a misura d’uomo. E voglio ringraziare anche tutti gli operatori e padre Carlo che tanto si è adoperato. È stato davvero un momento intenso, partecipato dove commentando il Vangelo abbiamo rilanciato quello che è il Vangelo stesso. Cioè che in Dio nessuno è escluso, ma proprio nessuno. Perché tutti sono inclusi nella sua Misericordia. Abbiamo fatto appello alla responsabilità che è di tutti e di ciascuno. Una responsabilità che è proprio della nostra fede: crediamo in un Dio che ha bisogno di noi, crocifisso alla nostra libertà. È questo l’aspetto che mi sembra di aver colto anche negli occhi dei carcerati. Per togliere quella patina di religiosità un po’ magica che ci fa pensare un Dio che fa al posto nostro. Questo sarebbe contro la nostra dignità di figli e figlie dell’unico Padre, quindi la nostra stessa libertà».

Per monsignor Morrone quello alla Casa Circondariale di Arghillà è stato un “ritorno”. Qui aveva scelto di venire per la sua prima visita nel giugno di quattro anni fa quando è stato nominato Arcivescovo della Diocesi di Reggio Calabria – Bova. E proprio pensando al cammino e alla realizzazione della Cappella adesso, dice: «sono piccoli gesti per un credente ma anche per chi non crede è un segno di una presenza altra. Una presenza che spinge a non mollare, a guardare con più ottimismo ma con sano realismo alla propria esistenza, al proprio futuro».


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Non un caso quindi il pensiero durante l’omelia rivolto ai familiari dei detenuti «perché magari spinge ad attivare meglio quegli aspetti che sono dentro il nostro cuore. Una speranza che dice: spero che un domani posso fare meglio di quello che ho fatto nel passato, e quindi spinge a vivere da oggi il bene che c’è nel nostro cuore». Un messaggio che vale all’interno del carcere di Arghillà quanto fuori. «Ognuno ha la sua responsabilità e questa è una giornata storica».

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