Welfare e Coronavirus, quali sono i rischi per il mondo del Terzo Settore? Ne abbiamo parlato con Luciano Squillaci, presidente nazionale della Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche (Fict).
Terzo Settore, quali realtà sono aperte e quali, invece, sono sospese?
Quando parliamo di servizi socio-assistenziali bisogna chiarire a cosa ci riferiamo. In particolare, oggi riscontriamo le difficoltà di tante strutture residenziali, come quelle che si prendono cura degli anziani, dei disabili o dei minori. Queste realtà non possono sospendere le proprie attività; sorte diversa è toccata ai servizi diurni in cui gli utenti tornano nelle loro abitazioni creando un disagio enorme per le famiglie che devono gestire in totale solitudine la disabilità o i problemi psichiatrici dei propri cari.
Prevenzione e sicurezza. Miraggio nelle strutture assistenziali?
È noto a tutti come ci sia una penuria di dispositivi di sicurezza e tamponi. Attraverso la Protezione Civile e le Aziende Sanitarie stiamo provando a sollecitare questa attenzione. Ad oggi, i tamponi fatti sono davvero pochi e sono del tutto insufficienti a coprire le reali esigenze. Va fatta una valutazione: chi può portare il virus dentro le strutture sono gli operatori che con grandissimo senso di responsabilità sono esposti a questo rischio. Che aumenta se si considera che i famigerati Dpi sono davvero distribuiti col contagocce.
Covid-19, cosa accade quando il virus entra in Comunità?
Purtroppo i casi più ridondanti riguardano le Rsa, anche in Calabria dove - nonostante la grande serietà dei gestori - si trovano a combattere con numeri che fanno paura. Abbiamo attivato sin dai primi giorni le procedure adatte per tutelare utenti e operatori attraverso la sanificazione degli ambienti, individuando dei locali per eventuali quarantene in Comunità. Sappiamo benissimo che la capacità di contagio è altissima: sarebbero necessari i controlli a tappetto; ma così non è. Il costo che stiamo pagando è l'ulteriore limitazione della libertà di persone che vivono delle condizioni di fragilità, come tossicodipendenti o soggetti con problemi psichiatrici. Viviamo, per questo, una grandissima fatica.
Quanto sarà difficile riaprire i battenti alla fine del lockdown?
La ripresa sarà tutt'altro che facile. Anzitutto i familiari sono molto spaventati e non è da escludere che le attività dei centri diurni inizino a rilento. Poi c'è da considerare che non possiamo immaginare di riprendere come era prima. Bisogna attrezzarsi per riavviare i servizi in piena sicurezza: per farlo abbiamo necessità che ci sia la disponibilità di co-progettazione sociale con le amministrazioni pubbliche. È evidente che occorrerà rivedere turni e distanze alla luce del Covid-19.
In Calabria, se possibile, stiamo peggio. Come commenta la sospensione del Regolamento attuativo sulle Politiche Sociali?
La Calabria è l'ultima regione in Italia ad attuare a una Legge che esiste in Italia dal 2000. Il Consiglio regionale si è occupato di questa materia. È chiaro che la nuova Giunta vorrà mettere mano a questo regolamento: come Terzo Settore calabrese riteniamo legittimo tutto questo. Un po' meno è la procedura da seguire in questa fase di "cambiamento": parliamo delle misure di concertazione, prevista dalle legge, al pari di evitare di cambiare le "regole del gioco in corsa". Se si intende farlo, quantomeno occorre salvaguardare quegli Enti che si erano adeguati al nuovo Regolamento attuativo.
Cosa comporterà questo stop?
È stato assunto del personale e fatti investimenti strutturali per mettere a norma le proprie realtà. Questo porta alla richiesta di una retta più alta perché questa è calcolata in base ai costi del personale dipendente. Bloccare tutto questo non è assolutamente possibile. Il Regolamento può essere migliorato, certo che sì. Il problema è capire che soltanto attraverso questo strumento si potrà entrare in una dimensione di programmazione che è l'unico modo per salvare i servizi alla persona. Parliamo di piani di zona che saranno nelle mani dei sindaci, i quali finalmente potrebbero decidere quali Politiche Sociali applicare sul proprio territorio. Invece, in Calabria, sono stati proprio alcuni sindaci a mettersi di traverso in questo cambiamento.