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Trasformare una piccola frazione destinata allo spopolamento nel borgo più colorato della Calabria sembra un’impresa impossibile. Eppure, in provincia di Reggio Calabria, qualcuno ci è riuscito.
Siamo a Fiumara, piccolo centro collinare dell’area dello Stretto, dove grazie all’Associazione Borgo Croce, guidata da Mariagrazia Chirico, è nato un progetto di rigenerazione urbana, interamente autofinanziato, che oggi si propone come modello, nonostante qualche opposizione.
L’idea nasce semplicemente dal non voler più vedere il nostro borgo grigio, spento, quasi privo di vita, abitato solo da quelle circa 50 persone che lo abitano stabilmente. Volevamo che Croce fosse «abitata» anche da gente «qualsiasi», attirata da qualcosa che non fosse solo l’essere nati lì. In altre parole, ci ha spinti la voglia di non far morire il nostro paesello, frazione di un piccolo comune della provincia di Reggio Calabria, che era destinato allo spopolamento. Ci piace pensare che, da quando esiste il nostro progetto (estate 2021, ndr), lo spopolamento sia stato esorcizzato.
Se il termine «innovativo» lo si intende come legato a tecnologia e strumenti di ultima generazione, la risposta è che non ce ne sono. Di innovativo noi ci abbiamo messo l’idea. Il nostro lo considero un modello di rigenerazione urbana «dal basso» e a basso costo, perché è nata spontaneamente, priva di finanziamenti pubblici e/o privati, priva di coinvolgimento di enti o artisti di settore.
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Pertanto, ritengo che la nostra esperienza possa essere considerata un nuovo modello di rigenerazione urbana, perché abbiamo semplicemente reso l’ambiente nel quale vivevamo migliore e più funzionale ad eventuali visitatori. Non a caso, già più di una realtà, sia privati che enti pubblici (anche nella stessa provincia di Reggio Calabria) ci ha presi ad esempio, chiedendoci collaborazioni e supporto fattivo.
Coinvolgendoli, soprattutto durante gli eventi, ma anche nel quotidiano, nella cura del decoro urbano, nell’organizzazione delle manifestazioni, nella logistica, nelle attività di accoglienza al visitatore, nella realizzazione di prodotti locali che distribuiamo ai turisti.
No, inizialmente nessuna difficoltà nel coinvolgere e far partecipare attivamente i miei compaesani nel progetto. Probabilmente nessuno di loro immaginava quello che sarebbe diventato Croce, a cui – ci tengo a precisarlo – l’appellativo «borgo» è stato aggiunto solo a seguito del nostro progetto. Oggi, tuttavia, con un pizzico di rammarico, devo ammettere che registro qualche malumore dei residenti del posto legato al notevole incremento di traffico veicolare.
Quel gesto vile e insensato non frena proprio nulla. Anzi, andiamo avanti con più forza e determinazione. Siamo già pronti per gli eventi autunnali e a breve partiremo anche con la complessa macchina organizzativa che riguarda il villaggio natalizio (l’anno scorso ben 40 mila visitatori).
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Le raccolte fondi, nate spontaneamente da diversi contesti e diverse realtà del territorio, mirate all’acquisto e alla gestione di un nuovo pulmino, sono l’emblema di quanto amore graviti attorno a Borgo Croce, inteso come concetto e non solo come materia. I fatti dimostrano che siamo amati dalla stragrande maggioranza, quindi quei pochissimi a cui, evidentemente, diamo fastidio li lasciamo al loro grigiore. Lo dobbiamo a noi stessi, a chi verrà qui dopo di noi, e a tutte le persone che in questi anni ci hanno visitati, supportati e incoraggiati.
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