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L’approvazione in Senato del Decreto sicurezza rappresenta un passaggio preoccupante per il nostro Paese. In nome della sicurezza e del controllo dell’ordine pubblico, si introducono misure che rischiano di compromettere diritti fondamentali e colpire in modo sproporzionato le persone migranti, tra le più vulnerabili della nostra società. Lo si legge in un comunicato delle Acli.
“Non possiamo tacere la nostra profonda preoccupazione – dichiara Gianluca Mastrovito, delegato nazionale Acli per l’Immigrazione e l’accoglienza – di fronte a un provvedimento che apre alla costruzione accelerata dei Cpr, spesso in deroga alle normative vigenti, e che rischia di istituzionalizzare un modello di gestione dell’immigrazione fondato più sulla detenzione e sul contenimento che sull’accoglienza e sull’integrazione. Il rischio è che questi centri diventino delle carceri mascherate, in cui la privazione dei diritti e della dignità si somma al silenzio forzato del dissenso”. “La cittadinanza – prosegue Mastrovito – non può essere considerata un premio condizionato, ma il riconoscimento pieno e irreversibile di un’appartenenza conquistata attraverso un percorso legale e spesso lungo. Creare cittadini di serie A e serie B significa indebolire il patto democratico su cui si fonda la nostra Repubblica. Le migrazioni non si fermano con i divieti ma si governano con politiche lungimiranti che investano in inclusione, formazione, lavoro e rispetto della dignità umana. Parlare di sicurezza senza affrontare le cause profonde della fragilità sociale rischia di alimentare solo paura e divisione. La vera sicurezza si costruisce in una società che non lascia indietro nessuno”.
“Questa legge – ha detto Mariangela Perito, responsabile Coordinamento Donne e delegata alla Giustizia riparativa per le Acli nazionali – rafforza la repressione e indebolisce la coesione sociale. Punisce il dissenso pacifico, ignora le cause del disagio e priva il carcere di ogni funzione educativa. In questo modo la giustizia viene ridotta a strumento punitivo: servono politiche che prevengano il conflitto e valorizzino la dignità, anche di chi ha sbagliato. Il carcere non può essere solo un contenitore di esclusione, considerando anche le condizioni in cui purtroppo versano i nostri istituti carcerari, non possiamo ignorare la resistenza passiva, lo sciopero della fame e le altre forme di protesta che sono l’ultimo grido di chi non ha più voce. Una democrazia matura si misura dalla capacità di ascoltare, non di reprimere”.
Le Acli – conclude il comunicato – invitano tutte le istituzioni e le forze politiche a riflettere sull’impatto umano, sociale e democratico di questo decreto, e a rimettere al centro dell’azione pubblica la persona, i suoi diritti e la coesione della nostra comunità.
Fonte: Agensir