Avvenire di Calabria

Diocesi: Milano, Veglia per il lavoro. Mons. Delpini: leggere la realtà e cercare una sapienza più che una strategia

di Redazione Web

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“Non permettete alla ricerca della ricchezza di diventare un idolo, perché non si può servire Dio e la ricchezza. La consapevolezza è che vogliamo essere figli di Dio e non schiavi degli idoli. Ci vuole la sapiente considerazione della realtà: dobbiamo imparare a guardare, occorre leggere la storia, la situazione, le dinamiche in cui siamo coinvolti e pensare, cercare una sapienza più che una strategia, una cultura e non uno slogan. L’umanesimo europeo è stato un fenomeno, prima che culturale, che ha aiutato l’uomo a scoprire il suo valore. Di questo abbiamo bisogno”. Nella Veglia per il lavoro promossa dall’arcidiocesi di Milano con il titolo, “Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza”, è stato questo il “cuore” della riflessione che l’arcivescovo, monsignor Mario Delpini, ha offerto alle molte persone che gremivano, a Milano, la sede delle Acli regionali lombarde. L’intervento di Delpini ha così delineato il senso dell’agire di chi crede in Dio e ne coltiva il primato, anche nel lavoro, promuovendo il bene comune.

Ad ascoltarlo lavoratori, rappresentanti delle istituzioni, della società civile e dell’associazionismo, sindacalisti e docenti, tra cui la sociologa dell’Università Cattolica, Rosangela Lodigiani (nella foto), che ha tracciato il quadro di riferimento. A tutti si è rivolto l’arcivescovo, prendendo la parola dopo le testimonianze di alcuni lavoratori e dei presidenti di Acli Lombardia, della Compagnia delle Opere e dell’Azione cattolica ambrosiana.
“Sento spesso ripetere frasi come ‘Non riesco ad avere il personale di cui ho bisogno’, ‘Non trovo il lavoro che fa per me’, ‘Il lavoro che ho trovato non mi consente una vita dignitosa’”, ha sottolineato il presule. “Noi vorremmo chiedere al Signore qualche pista da seguire, perché le parole non suonino retoriche e per non chiuderci in un nostro angolino sicuro. Sentirsi frammenti, fuscelli, dentro un universo complicato in cui i fenomeni sono molto oltre la nostra possibilità di controllarli, significa questo: lo spaesamento”.
Ed è inevitabile che dallo spaesamento si passi alla preoccupazione, laddove “l’invito del Vangelo nella pagina di Matteo al capitolo 6 che abbiamo proclamato – ha notato ancora monsignor Delpini – è per una fiducia radicale nella provvidenza, che indica, tuttavia, anche la responsabilità di costruire un’economia dove ciascuno possa vivere con dignità. La parola più adatta per dire tale responsabilità è l’ecologia integrale dove tutto è connesso – la società e l’ambiente, l’uomo e la natura – e dove trascurare una parte significa predisporre le condizioni per rovinare tutto”.
Da qui le “parole nuove” da usare con rinnovata consapevolezza, come la libertà e una sapienza fatta di alcune priorità: cercare, anzitutto, il Regno di Dio e la sua giustizia. “Il superamento dell’individualismo autoreferenziale conduce a concepirsi come figli del Regno con la persuasione che il bene comune è più necessario del bene privato. Una priorità che è unita alla giustizia come fraternità per promuovere il coinvolgimento di tutti anche se questa è una parola difficile in un mondo con disparità così ingiuste. Cerchiamo di farlo con la preghiera, con l’impegno perché le istituzioni siano a servizio dell’uomo e non il contrario. Siamo chiamati a essere protagonisti di una rivoluzione culturale, di parole nuove perché le antiche non servono più”.

Fonte: Agensir

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