
Diocesi: Como, festa della Dedicazione della cattedrale e Giubileo dei lavoratori
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“In questa liturgia che ci unisce sulla soglia del mare, i testi della liturgia ci parlano di un Santo che fu difensore della fede, pastore attento e segno di pace per il suo popolo. Ma ciò che oggi ci interpella con forza è l’invito a non fare memoria per nostalgia, ma per rilanciare il nostro cammino. San Nicola non è un ricordo da conservare, ma profezia da vivere”. Lo ha affermato questa mattina l’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano, nella celebrazione che ha presieduto al Molo di Bari per la Traslazione delle reliquie di san Nicola.
“Il mare quest’oggi ci parla e con il suo respiro profondo ci riconduce a quel lontano 1087, quando uomini animati da una fede semplice e forte, salparono per Myra e portarono qui, in questa terra di confine e d’incontro, le reliquie del santo vescovo Nicola. Da allora, Bari è divenuta un grembo ospitale, un porto che accoglie. E oggi, come allora, accoglie voi — pellegrini venuti da lontano, devoti spinti dal desiderio di toccare con mano la fede che si è fatta storia, carne, testimonianza”, ha sottolineato il presule, prima di domandare: “Quale fede celebriamo oggi? Una fede da custodire in teche d’argento, in reliquiari pregiati, o una fede che si consuma per amore, che si sporca le mani nella vita degli altri?”. “San Nicola – ha spiegato – è il volto concreto di questa fede operosa. Fu vescovo, sì, ma soprattutto fu fratello. Il suo cuore si lasciava commuovere dal grido dei poveri, dalla sofferenza degli oppressi, dalle ingiustizie che ferivano i piccoli, questi piccoli che oltraggiamo con la nostra superficialità e che circondiamo con il nostro egoismo”. “La sua santità è stata un pellegrinaggio continuo verso l’altro, una uscita costante da sé per incontrare il volto del Cristo nei fratelli”, ha aggiunto, prima di ricordare che “la fede è un viaggio, un pellegrinaggio che attraversa le valli dell’oscurità, delle fatiche quotidiane, delle solitudini e dei dolori. Ma proprio lì, in quelle pieghe di umanità, il Signore si fa compagno di strada”. “E non è forse questo, che oggi ci chiede anche il tempo di grazia che stiamo vivendo nel cammino del Giubileo?”, ha chiesto l’arcivescovo: “Metterci in cammino; svegliarci da ogni pigrizia spirituale; lasciare i porti sicuri, divenire cercatori di Dio e inoltrarci, come Nicola, nel mare aperto di una testimonianza viva”. “Non basta conservare le reliquie di un santo se non lasciamo che il suo esempio ci inquieti. Non serve inginocchiarci davanti al suo altare se non ci chiniamo anche noi sui fratelli abbandonati ai margini delle nostre città”, ha ammonito mons. Satriano, evidenziando che “il Giubileo ci chiama a un pellegrinaggio dell’anima. Ci chiede di rimetterci in viaggio, di alzarci da ogni panchina della rassegnazione e tornare a credere che il bene è possibile”. Poi l’invito ai fedeli: “lasciamoci mettere in cammino. La vita non si lascia possedere, ma solo attraversare”. “Serve condividere, servire, donare, avere mani che si sporcano e cuori che si aprono”, l’esortazione dell’arcivescovo. “Il mare che accolse le ossa del santo, che vide approdare speranza, oggi ci chiede di essere uomini e donne capaci di apertura. Di accogliere chi giunge, di soccorrere chi cade, di testimoniare una fede che cammina”, ha concluso mons. Satriano.
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