Avvenire di Calabria

Diocesi: mons. Savino (Cassano all’Ionio), “che sia un anno di comunità ritrovate”, di “scelte che lascino il segno” e di “gesti concreti e radicali”

di Redazione Web

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La fine di ogni anno rappresenta “un’occasione per farsi custodi del tempo, raccogliendo i frammenti di un anno che scivola via, con il suo intreccio di sfide, dolori e germogli di speranza. Eppure, non possiamo ignorare come il 2024 abbia visto crescere in modo preoccupante ciò che possiamo definire esaltazione della banalità”. Lo scrive il vescovo di Cassano allo Ionio, mons. Francesco Savino sull’anno appena trascorso e quello appena iniziato. Per il vescovo la banalità è un “male sottile, che si insinua laddove il pensiero cede il passo all’abitudine, e il senso delle cose si smarrisce nella ripetizione meccanica”. Oggi “abbiamo smesso di credere nel futuro, di progettare insieme, di sognare. La paura e l’incertezza hanno eroso il senso di comunità, lasciandoci frammentati, isolati. Eppure, proprio in questa frammentazione, siamo chiamati a riscoprire il valore della responsabilità, a ritrovare la capacità di immaginare un domani che sia abitato dalla speranza” sottolinea mons. Savino che parla del 2025 come “un anno di responsabilità”, segnato dal Giubileo della Speranza, un “tempo straordinario che ci invita non solo al pellegrinaggio, ma ad un risveglio profondo dell’anima e delle scelte. Al centro di questo tempo speciale, una parola si erge come chiave di lettura e di vita: responsabilità”. Essere responsabili significa “rispondere”: “rispondere alla chiamata di Dio, certo, ma anche al grido del mondo, al richiamo della storia, alle esigenze del nostro tempo”. La responsabilità – aggiunge il vescovo cassanese che è anche vice presidente della Cei – è un “appello universale, che interroga ogni persona sul suo rapporto con il mondo. Essere responsabili significa riconoscersi parte di un tutto, sentire il peso e la bellezza di ciò che ci lega agli altri e alla realtà che abitiamo. In un’epoca segnata dal crollo del noi e dall’affermarsi di un io ipertrofico, responsabilità è accettare che le nostre azioni – o le nostre omissioni – hanno conseguenze, che ogni scelta ha un impatto che supera la nostra individualità”. Da qui l’invito a tutto: che il 2025 sia “un anno di responsabilità vissuta come atto di fede e di umanità, come scelta di solidarietà e di costruzione. Che sia l’anno in cui riscopriamo il valore della nostra libertà non come privilegio, ma come servizio; in cui torniamo a credere che ogni gesto, ogni parola, ogni scelta conta, perché incide sul mondo e lo trasforma”. Per mons. Savino essere portatori di speranza significa “compiere gesti radicali: perdonare dove sembra impossibile, costruire pace in mezzo al conflitto, denunciare le ingiustizie senza paura. La radicalità non è estremismo, ma ritorno alle radici, alla sorgente della nostra fede. È un richiamo potente a uscire dall’indifferenza, a prendere posizione, a scegliere con coraggio il bene, anche quando questo comporta il rischio del rifiuto o dell’incomprensione. I gesti radicali sono quelli che non si limitano alla superficie, ma scavano in profondità, spezzano le catene dell’ingiustizia e si fanno accoglienza del grido disperato del povero, dello straniero, di chi vive ai margini”. E allora l’augurio di “riscoprire ciò che è autentico, a riconoscere nei frammenti del quotidiano i segni di un disegno più grande, a lasciare che ogni gesto si carichi di significato, perché nulla sia banale, nulla sia vano. Che sia un anno di comunità ritrovate, di scelte che lascino il segno, di gesti concreti e radicali che diano testimonianza del Vangelo e della speranza che ci abita”.

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