
Settimana Santa e Pasqua: su Tv2000 celebrazioni, film e documentari
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Le analisi degli esperti e i recenti lavori di restauro non lasciano più spazio ad alcuna incertezza: la “Deposizione di Cristo”, una tela custodita nel santuario di Pompei, è stata definitivamente attribuita al pittore veneto Andrea Mantegna, grande maestro rinascimentale nato a Isola di Carturo (Padova) nel 1431 e morto a Mantova il 13 settembre 1506. Da giovedì 20 marzo la tela sarà esposta nei Musei Vaticani, nella Sala XVII della Pinacoteca, in una mostra dal titolo “Il Mantegna di Pompei. Un capolavoro ritrovato” e, nei mesi seguenti, sarà nuovamente accolta in santuario dove troverà collocazione definitiva in una sezione del Museo diocesano.
La scoperta, di eccezionale rilievo per la storia dell’arte, è il risultato della collaborazione tra i Musei Vaticani e il santuario e del dialogo, reso concreto, tra fede, arte e cultura. L’opera, già documentata nel XVI secolo nella basilica napoletana di San Domenico Maggiore, era scomparsa dalle fonti storiche, sollevando dubbi finanche sulla sua effettiva esistenza oltre che sulla possibile attribuzione. In questo senso è stata importante anche la ricerca condotta da Stefano De Mieri, dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, che ha avuto l’intuizione dell’originalità della tela, la cui immagine era disponibile on line. In precedenza, infatti, il santuario l’aveva inserita sul sito della Cei che cataloga tutti i beni culturali ecclesiastici delle varie diocesi. Quella fotografia gli ha permesso di ricostruire la storia dell’opera, ricollocandola pienamente all’interno della tradizione mantegnesca. Da questa intuizione ha preso il via la “macchina” dei Musei Vaticani con indagini diagnostiche, ricerche e il restauro del dipinto. Categorica è stata l’affermazione di Fabrizio Biferali, curatore delle Arti del Rinascimento dei Musei Vaticani: “Le analisi tecniche e documentarie hanno chiarito che l’opera non è una copia, ma un dipinto originale di Mantegna. La sua iconografia si ricollega a modelli rinascimentali e al classicismo tipico dell’artista, con richiami all’antichità che ne fanno un unicum nella produzione mantegnesca”.
La scoperta è annunciata nell’anno in cui, a Pompei, si celebrano i 150 anni dall’arrivo del quadro della Madonna. “C’è un nuovo titolo di cui tener conto quando, d’ora in poi, centocinquant’anni dopo l’arrivo del quadro originario, si parlerà della Nuova Pompei di Bartolo Longo – commenta l’arcivescovo di Pompei, mons. Tommaso Caputo, nel catalogo scientifico che accompagnerà la mostra – un titolo semplice e suggestivo: ‘Il Mantegna di Pompei. Un capolavoro ritrovato’. È ancora intorno a un quadro che Pompei scrive un nuovo capitolo della sua storia. Come per ogni ritrovamento non potevano mancare, alla fonte e nelle fasi successive, i percorsi legati al caso e anche alla fortuna. Ma se dietro ai grandi eventi – e il Mantegna ritrovato di Pompei è anche qualcosa in più – c’è sempre una regia nascosta, qui è agevole vedere in quale modo sia stata illuminata”. “Come non rilevare che nel dipinto di Mantegna – prosegue mons. Caputo – accanto alle figure dolenti, appare un prezioso rosario, con grani di corallo e ciondolo in cristallo di rocca, avvolto nella mano destra della Maddalena? Tutto lascia pensare che il quadro di Mantegna ‘appartenesse’ a Pompei ancor prima della sua scoperta. Nel momento in cui lo accogliamo, in coincidenza con l’Anno giubilare, il Mantegna ritrovato non può che indicare una nuova tappa nel cammino della città e della Chiesa di Pompei”.
“Chiamati da mons. Caputo a visionare l’opera nel marzo del 2022 – spiega Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani e dei Beni culturali della Santa Sede – abbiamo immediatamente compreso che sotto gli strati di ridipinture si celava una materia pittorica straordinaria. Il restauro ha rivelato dettagli iconografici e tecnici che confermano l’autografia di Mantegna, restituendo alla storia dell’arte un capolavoro che si pensava perduto”.
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