Portogallo: Braga, settimana della salute mentale promossa dalle Suore ospedaliere
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Torre Spaccata, a Roma est, a ridosso del Grande Raccordo Anulare, è quasi una piccola città dentro la Capitale. Costruito negli anni sessanta come modello abitativo innovativo, nel corso degli anni quell’idea iniziale è stata sepolta da cumuli di degrado ed emarginazione. Qui operano don Stefano Cascio e la sua comunità della parrocchia di San Bonaventura da Bagnoregio, un presidio di fede e di speranza per l’intero territorio che è arricchito dal profondo legame tra associazioni, scuole e mercato, in un progetto definito appunto “Rete”, e da altre iniziative di sostegno che si declinano in attività sociali per anziani, calcio e rugby per i giovani e ospitalità per rifugiati in fuga dalla guerra. Lo racconta lo spot Cei sulla vita e la missione dei sacerdoti “Uniti nel dono”. “Si dice che un parroco è un padre per la sua comunità – spiega don Cascio – e potrebbe essere solo uno slogan, però se un padre è quello che ama i suoi i figli, quello che sta attento a loro e anche ai bisogni della persona ed è uno che innanzitutto si rende conto che la persona esiste, allora sì, è possibile dirlo”.
E solo un padre può operare con speranza in una realtà variegata, complessa e fortemente problematica – a Torre Spaccata vivono circa 13mila abitanti con un’età media di circa 50 anni ed uno dei maggiori indici di disagio di Roma Capitale – grazie anche a un tavolo di lavoro come la “Rete”, una “creatura” condivisa nata nel segno di un comune interesse per la rinascita del territorio. Una struttura di raccordo tra realtà solidaristiche e di volontariato che è, in effetti, imprescindibile per programmare iniziative finalizzate al supporto e al recupero delle fasce più deboli della popolazione. In quest’ottica è nata anche la proposta “quartiere solidale” per intercettare e coinvolgere le persone fragili e sole in percorsi di solidarietà e convivenza tra condomini.
Un’azione costante di presenza e di aiuto in una chiesa dalle porte sempre aperte, dalle 7 alle 22, che è un vero e proprio pronto soccorso sociale. È questa la scelta di don Stefano Charles Cascio, quarantacinquenne nato a Nizza da padre italiano e madre francese, alla guida della comunità dal 2016. Il sacerdote ha ristrutturato la chiesa ricavando dalla casa canonica un appartamento che ha permesso di ospitare una famiglia di profughi siriani, una suggestiva storia di inclusione sociale. “Grazie al grande impegno dei volontari – conclude don Cascio – realizziamo anche il doposcuola in collaborazione con Acli e Intersos”.
Fonte: Agensir
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