
Strage di Capaci: Mattarella, “la mafia ha subìto colpi pesantissimi, ma all’opera di sradicamento va data continuità”
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“Due giorni fa, durante il funerale di papa Francesco, ho fatto l’esperienza di un popolo che, pur vivendo in un tempo buio, faticoso e conflittuale, si è ritrovato a salutare il suo pastore. E questo popolo ha saputo riconoscere in papa Francesco un testimone del vero Dio e vero uomo Gesù, un uomo che fino al suo ultimo respiro ha indicato nel Risorto il centro di ogni esistenza, il fondamento di ogni speranza”. Lo ha detto ieri sera il vescovo di Treviso Michele Tomasi nell’omelia pronunciata nella celebrazione che si è svolta in cattedrale per la festa liturgica di san Liberale, patrono della Diocesi e della Città di Treviso. Erano presenti alla celebrazione – informa la diocesi – una folta rappresentanza di autorità civili e militari. Oltre al sindaco Mario Conte, il presidente del Consiglio comunale, Antonio Dotto, assessori e consiglieri, il prefetto Angelo Sidoti, il questore Alessandra Simone. Hanno partecipato anche molti aderenti dell’Azione cattolica, Le cooperatrici pastorali diocesane, l’Ordine di Malta e i Cavalieri del santo Sepolcro. A concelebrare con il Vescovo, mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo emerito di Udine, i canonici del Capitolo della Cattedrale, i vicari foranei e altri sacerdoti diocesani. Come Papa Francesco anche San Liberale – ha ricordato il vescovo – era “un testimone affidabile dell’incontro con Gesù di Nazaret, vero Dio e vero uomo, crocifisso e risorto, testimone credibile e riconosciuto tale da quanti fin da subito lo hanno ritenuto santo e ne hanno custodito le spoglie mortali, che conserviamo come reliquie a fondamento di questa nostra chiesa cattedrale”. “E noi? Siamo come Tommaso affranto dalla morte di Gesù?”, ha domandato il Vescovo. “Il nostro tempo – soprattutto nella nostra parte di mondo ricca e invecchiata – oscilla tra la pretesa di risolvere tutto e sempre con le proprie forze, con la forza della ricchezza e dalla competenza tecnica, con la forza del denaro e delle armi, da un lato, e la disperazione di non sapere più fare i conti con il limite, la precarietà, la fragilità e la morte, dall’altro. Così innamorati di questa vita terrena, così assetati di esperienze di pienezza, rimuoviamo ogni segno e ogni realtà che ci ricordi la fatica del vivere, e siamo sempre meno capaci di sostenerci a vicenda nel cammino dell’esistenza, lasciando alla fine più solo chi è più nella fatica e nella prova”. Ma “Dio non è assente. Dio non è altrove. Dio è il Cristo risorto che ci viene a visitare, che si mostra a noi”. Ecco perché , “la vita va vissuta fino in fondo perché non finisce con la morte, perché Cristo è veramente risorto”.
Fonte: AgensirStrage di Capaci: Mattarella, “la mafia ha subìto colpi pesantissimi, ma all’opera di sradicamento va data continuità”
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