Avvenire di Calabria

Don Fortunato Di Noto: «Il dolore dei bambini mi ha forgiato»

Fondatore e presidente dell’Associazione Meter, unisce l’azione di monitoraggio della Rete, denuncia, formazione e sostegno alle vittime in un’opera di misericordia che restituisce dignità e speranza ai più piccoli

di Davide Imeneo

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Don Fortunato racconta come, fin dall’adolescenza tra orfanotrofi e primi casi da diacono, è nata la sua vocazione a proteggere i minori, e condivide le sfide legislative e pastorali nella lotta globale contro gli abusi sui bambini

Con lo sguardo rivolto alle “periferie digitali” Don Fortunato Di Noto, sacerdote siciliano di Avola incardinato nella Diocesi di Noto, ha fatto del web il crocevia della sua missione. Fondatore e presidente dell’Associazione Meter, unisce l’azione di monitoraggio della Rete, denuncia, formazione e sostegno alle vittime in un’opera di misericordia che restituisce dignità e speranza ai più piccoli. In questa intervista, Don Fortunato racconta come, fin dall’adolescenza tra orfanotrofi e primi casi da diacono, è nata la sua vocazione a proteggere i minori, e condivide le sfide legislative e pastorali nella lotta globale contro gli abusi sui bambini.



Don Fortunato, come è nata la sua vocazione specifica nella difesa dei minori vittime di abusi? Dio parla sempre al cuore di chi è aperto alle domande che impongono, poi, delle scelte, delle risposte e mettersi a Suo servizio nella Comunità ecclesiale e nella comunità sociale. Ho avuto sempre una certa sensibilità, da adolescente andavo negli orfanotrofi e ho percepito l’abbandono dei minori: quei tanti bambini orfani con genitori vivi. Presenti ieri e ancora oggi. L’ascolto dei primi bambini, da diacono, che mi raccontavano “le cose fatte dai grandi” – una devastazione emotiva e fisica. Negli anni ’90 le prime immagini e video pedopornografiche che mi imposero di dare una risposta a questo dramma sui piccoli del Signore.

Quando uno vede, guarda dentro il dolore e la sofferenza devastante di un abuso, non puoi pensare che sia un fatto che non ti riguarda, anzi chinarci, ascoltare e prendersi cura di coloro che sono stati “resi nudi” è un’opera di misericordia corporale: vestire i nudi è ridare dignità, forza, coraggio e speranza. Non è un sovrappiù, non è un mestiere, non è una moda, è un impegno permanente della tua vocazione umana, cristiana, da battezzato e a maggior ragione da prete, come anche da vescovo. Ogni battezzato è chiamato a prendersi cura di tale dramma dell’umanità. Il dolore, le ferite, la sofferenza mi hanno forgiato, mi hanno aiutato ad essere più uomo e sacerdote.

Anche dentro una Chiesa che ha fatto fatica a comprendere questa vergogna che alcuni suoi ministri hanno compiuto e che non dovrebbero mai compiere. Una Chiesa, che 35 anni fa, quando si è accorta di me, suo ministro, non è che sia stata clemente, a volte anche su di me la indifferenza e il ridicolizzare ha ostacolato questa vocazione nella vocazione, ma ho continuato certo che lo Spirito Santo ieri e ancora oggi ha sostenuto questo cammino di bellezza contro la bruttezza, contro il male, a favore dei prediletti del Signore, i piccoli. È tutto nato più di 30 anni fa in parrocchia, nel mio ministero da parroco e spero che i bambini mi aiutino ad andare almeno al purgatorio per il paradiso.

Come valuta l’efficacia delle leggi italiane e internazionali nella protezione dei minori? Non siamo più all’anno zero. La sensibilità è aumentata, e le leggi cercano di dare risposte sia repressive sia preventive. Tuttavia, sul web – dove i confini nazionali non esistono – le legislazioni degli Stati sono diverse (età del consenso, tutela della privacy, cooperazione internazionale) e non sempre recepite allo stesso modo: questo favorisce il pedo-criminale. Ci vuole maggiore collaborazione internazionale, immaginate il mondo del web, riconoscendo questi reati come universali, in e per tutti gli Stati nel mondo.

Ciononostante, la consapevolezza in molte parti del mondo non è ancora matura e responsabile. Pensiamo che nel 2024 un bambino su otto – circa 320 milioni – ha subito violenza sessuale digitale, a cui si aggiungono violenza, maltrattamenti, prostituzione minorile, traffico di minori a fini di sfruttamento, scomparsa di bambini, guerre e ricatti: drammi atroci che spesso incontrano un sistematico “negazionismo”. Abbiamo davvero molto da fare: combattere l’indifferenza, rafforzare le normative e gli strumenti di prevenzione, e costruire una cultura della tutela dei minori. Per approfondire, rimando al Report Meter 2024 sul sito dell’Associazione Meter.

Qual è il ruolo della Chiesa Cattolica nella prevenzione e nella denuncia degli abusi sui minori? Se dovessi pensare che la Chiesa cattolica è madre, una madre – se non perde il senno – difende e tutela i suoi figli. Fino in fondo. A causa degli scandali, una vergogna, in questi anni ha dato delle risposte: sensibilità, impegno pastorale permanente, condanna e giustizia, le vittime attendono e chiedono azioni immediate, trasparenza e non più nascondimento. Le Don Di Noto Conferenze Episcopali si sono dati degli strumenti, così come la Chiesa universale, ma bisogna fare tanto e molto di più. Il mandato è chiaro: conversione ad una cultura di tutela alla luce del Vangelo e dell’affrontare la questione degli abusi sessuali; Papa Francesco ha guidato la Chiesa secondo i principi della fede cattolica, con un impegno alla conversione dal male e alla cura delle ferite.

Nel portare avanti la visione del Santo Padre, la Commissione ha adottato il quadro di giustizia e conversione per sostenere il modello da lei adoperato di teoria del cambiamento. Il suddetto quadro di riferimento di giustizia e conversione è costituito dai seguenti cinque pilastri, essenziali e interrelati: conversione dal male, verità, giustizia, riparazioni, garanzie di non ricorrenza. La Chiesa Italiana è in cammino già dal 2019 con le Linee guida per la tutela dei minori con i Servizio diocesani e con il Centro di ascolto. Sì è in cammino, e si deve camminare insieme.

Quali sono le strategie più efficaci per educare i genitori e gli educatori alla prevenzione degli abusi? Siamo consapevoli che stiamo vivendo una catastrofe educativa (Papa Francesco) e una emergenza educativa (Benedetto XVI) e anche Papa Leone XIV che ha richiamato il principio di “evangelizzare educando ed educare evangelizzando”, rimarcando infine l’importanza della “sinergia” tra tutte le “componenti formative”. È un ruolo difficile quello dei genitori, e si impara facendo i genitori. Educare allora non è solo questione di strategie da imparare; è acquisire attrezzi «Il dolore dei bambini mi ha forgiato» per affrontare le situazioni. E gli attrezzi si acquisiscono attraverso l’eredità umana tra responsabilità e umiltà di imparare.

Qual è il suo messaggio per le vittime che non hanno ancora trovato il coraggio di denunciare? Le vittime denunceranno se troveranno samaritani che si accorgono di loro, se hanno il dono del guardare, se non troveranno la porta chiusa quando bussano, che credano sul fatto che qualcuno li sappia ascoltare, accogliere, accompagnare, sostenere e offrire loro un cammino di cura e giustizia per poter uscire dall’oscurità a cui sono stati scaraventati dagli abusatori. È difficile raccontare il momento in cui un dolore trova il coraggio di farsi cammino. Specie quando si tratta di ferite che non fanno rumore, ma che rimangono silenti per anni, scavando nel profondo tanto del corpo quanto dell’anima.


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Eppure, quando una comunità si fa portatrice di questo processo, può diventare casa comune capace di accogliere, di custodire e di accompagnare anche il passaggio della Porta Santa della Basilica di San Pietro compiuta da parte di alcuni sopravvissuti agli abusi. È quanto avvenuto sabato 3 maggio, in occasione della XXIX Giornata Bambini Vittime, promossa dall’associazione Meter, che ha organizzato il pellegrinaggio a Roma per la 29 Giornata Bambini Vittime. Un evento unico che nessuno aveva mai osato di fare e che è stata una benedizione, un segno memorabile. Perché nessuno si salva da solo.

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