Avvenire di Calabria

Pubblichiamo la testimonianza vocazione del giovane sacerdote, ordinato presbitero sabato sera nella Cattedrale di Reggio Calabria

Don Giuseppe Stranieri: «La parrocchia, radice della mia chiamata»

Le sue parole: «Grazie alla Comunità del Seminario arcivescovile Pio XI è cresciuto il mio rapporto con il Signore»

di Giuseppe Stranieri

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Pubblichiamo di seguito la testimonianza vocazionale di Giuseppe Stranieri, ordinato presbitero sabato sera nella Cattedrale di Reggio Calabria. «Grazie alla Comunità del Seminario arcivescovile Pio XI è cresciuto il mio rapporto con il Signore», le sue parole.

La testimonianza di don Giuseppe Stranieri

Dover parlare di sé non è mai una cosa facile. È difficile aprire il proprio cuore, spalancare le porte del proprio sacrario e comunicare agli altri, attraverso le parole, il grande mistero che si è. Ogni qualvolta mi viene chiesto di fare una testimonianza vocazionale mi tornano alla mente le parole del Santo d’Assisi: «Testimoniate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole». Sono convinto infatti che interrogano di più i gesti e i comportamenti che le parole, così come penso che si possa essere testimoni credibili solo perché credenti.


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Unicamente vivendo ancorati a Cristo, al punto che Egli diventi il nostro stesso vivere (cfr. Fil 1,21), si può far in modo che Cristo sia glorificato in noi e ogni nostro gesto sarà un annuncio della sua Parola. Una grande arsura ha mosso i miei passi verso una ricerca più personale ed intima di Dio, questa è la sete di Verità. L’interrogativo di Pilato “Quid est veritas?” (Gv 18,38) ha da sempre spinto la mia mente ed il mio cuore ad investigare i semi di Verità sparsi nella storia. In questo percorso, lo scoprire che questa Verità ha un volto e il ri-scoprirmi capace di Verità ha cambiato letteralmente la mia vita.

Meditare su questo mistero è una via privilegiata che conduce alla contemplazione del volto di Dio, che si riflette nel volto di ogni uomo. Soltanto avendo Dio nel cuore si è in grado di scrutare la profondità del volto dell’uomo e così porre uno sguardo rispettoso che consente di vedere “nell’altro un fratello in umanità, non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico, ma un altro me stesso, una sfaccettatura dell’infinito mistero dell’essere umano” (Benedetto XVI). In questo intreccio di sguardi un ruolo fondamentale lo ha avuto la mia famiglia, ci si riscopre amati perché si è fatta esperienza dell’amore.

Nell’accompagnare e nell’ostacolare la mia scelta vocazionale, mi ha permesso di vagliare con più consapevolezza questa scelta di vita donata. Nella mia esperienza personale ho compreso che non esiste la vocazione del singolo, ma questa si inserisce all’interno di un contesto ecclesiale e, dunque, comunitario. Credo fermamente che la mia vocazione sia frutto delle preghiere della mia comunità parrocchiale, che riunita innanzi all’Eucaristia, ha chiesto il dono di operai per la sua messe.

Questa chiamata personale ha bisogno della conferma della Chiesa per essere vagliata, guidata e fortificata. In questo un ruolo rilevante l’ha avuto il Seminario in cui è accresciuto il mio rapporto con il Signore grazie anche al confronto costante con i formatori che si sono succeduti negli anni e ai legami di amicizia instaurati con i compagni d’avventura.


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Ora che è giunto il tempo in cui la volontà di Dio trova il suo compimento, faccio ancora di più i conti con la mia indegnità e con la grandezza del mistero d’Amore che è Dio, che si abbassa a tal punto da toccare le mie fragilità e le mie debolezze e si fa così prossimo da elevarmi alle grandi altezze del suo cuore misericordioso. Accompagnateci con la vostra preghiera!

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