Avvenire di Calabria

Un appuntamento annuale tra culture, colori e sapori che fa della piazza un laboratorio di pace

Reggio Calabria, la festa dei popoli alimenta la speranza

In piazza Sant’Agostino la celebrazione dell’inclusione promossa da Migrantes e missionari scalabriniani: protagoniste le comunità etniche, tra musica, cucina e fraternità

di Gabriele Bentoglio

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Domenica 11 maggio piazza Sant’Agostino ha accolto una nuova edizione della Festa dei Popoli, nel segno della speranza e della condivisione. Un’occasione di festa che rinnova l’impegno per un futuro più fraterno.

Nella storica piazza di Sant’Agostino, a Reggio Calabria, la «Festa dei Popoli» è un appuntamento annuale progettato e atteso come manifestazione di scambio interculturale e di inclusione sociale.



Fortemente sostenuta dal Centro diocesano Migrantes, dell’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, si avvale dell’importante contributo della parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo in Sant’Agostino e del Centro Ascolto «Scalabrini», gestiti dai missionari scalabriniani.

Il tema 2025: Popoli in cammino nella speranza

Tema della festa di quest’anno, che ha avuto luogo domenica 11 maggio, è stato: «Popoli in cammino nella speranza». Chiaramente voleva riprendere lo slogan del Giubileo dell’Anno Santo che stiamo vivendo, che è «Pellegrini di speranza». In questo nostro tempo, infatti, abbiamo tanto bisogno di speranza, che apra nuovi orizzonti per la costruzione di un mondo di pace e di fratellanza, superando guerre e violenze. La «Festa dei Popoli», in effetti, da sempre si propone come una forma di intelligenza della condivisione, riconoscimento dell’alterità e coraggio della convivenza.


PER APPROFONDIRE:


A prendere parte all’ideazione, organizzazione e gestione condivisa e congiunta dell’edizione 2025 della festa sono state le comunità etniche presenti a Reggio Calabria: filippina, rumena, ucraina, georgiana, polacca e marocchina, con la partecipazione anche di persone di altre nazionalità, soprattutto dell’Africa, dell’Asia e dell’Est Europa. Senza dimenticare la presenza numerosa della comunità autoctona, specialmente rappresentata dai parrocchiani di Sant’Agostino, dai volontari del Centro Ascolto «Scalabrini» e dall’associazione sportiva dilettantistica «Pretty Woman».

Tutti hanno partecipato agli eventi in programma con la musica, il canto, le danze e il comune desiderio di coltivare un autentico spirito di speranza, da non confondere con l’ingenuità o la rassegnazione.

Una speranza che diventa azione concreta

La speranza che è emersa nella festa era sintesi di movimento, azione, dinamismo in quello che ognuno di noi può fare per dare opportunità di bene e di gioia alle famiglie, al quartiere, a tutta la città e, magari, anche al mondo intero.In piazza, poi, sono stati allestiti degli stand etnogastronomici con l’obiettivo di combinare momenti di incontro e di confronto fra rappresentanti dei diversi Paesi per promuovere il riscatto del territorio e interrogarsi sugli attuali fenomeni migratori alla luce della storia di Reggio e della Calabria, ricca di flussi migratori verso l’estero e altre regioni d’Italia, vettore per la promozione di un’unità ideale e culturale e la promozione del Mediterraneo come luogo di incontro, di coesistenza e di cooperazione fra popoli e culture diverse.

Padre Gabriele Bentoglio, parroco di Sant’Agostino e da anni «anima» della festa, ha ribadito che l’identità di questo evento è proprio un incontro nella valorizzazione delle culture espresse con il folklore, nella gastronomia, nella condivisione e nella partecipazione: esperienze che illuminano la comprensione e possono aiutare a cambiare l’approccio e i pregiudizi sul fenomeno delle migrazioni.

Fraternità possibile, qui e ora

La festa è un segno: mostra che la fratellanza tra i popoli è possibile, ora, qui, in questa Chiesa di Reggio Calabria-Bova, e si può vivere nella logica della condivisione, con il coraggio dell’incontro autentico. Può essere intesa anche come volontà di impegno a lavorare nella speranza perché torni la gioia di vivere nelle zone del mondo che oggi sono devastate dalla guerra: soprattutto in Ucraina, Israele e Palestina, Sudan, Siria, India, Pakistan, nei Paesi dell’America Latina e dell’Africa, come il Congo e il Rwanda, che da tanto tempo non riescono a vivere in pace.

Articoli Correlati