
Papa Leone XIV: nunzio Kiev su appello Regina Caeli, “ci dà la certezza che alzerà la voce a difesa dei piccoli”
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55 organizzazioni che operano in Israele e nel Territorio Palestinese Occupato, tra cui Save the Children, chiedono un’azione urgente da parte della comunità internazionale contro le nuove regole israeliane di registrazione per le Ong internazionali. “Basate su criteri vaghi, ampi, politicizzati e aperti, queste regole sembrano concepite per affermare il controllo sulle operazioni indipendenti umanitarie, di sviluppo e di costruzione della pace, mettere a tacere le attività di advocacy basate sul diritto internazionale umanitario e sui diritti umani e consolidare ulteriormente il controllo israeliano e l’annessione di fatto del Territorio palestinese occupato”, affermano.
Per oltre un anno e mezzo, le organizzazioni umanitarie hanno continuato a operare nonostante limiti senza precedenti. Nel 2024 hanno raggiunto milioni di persone nel Territorio Palestinese Occupato con servizi essenziali, come cibo e acqua, cliniche mobili, assistenza legale e istruzione. Le nuove regole di registrazione minacciano di fermare queste attività. Queste misure, spiegano, “vanno oltre le politiche usuali. Rappresentano una grave escalation nelle restrizioni allo spazio umanitario e civico e rischiano di creare un precedente pericoloso”.
In base alle nuove disposizioni, le Ong internazionali già registrate in Israele potrebbero perdere la registrazione e quindi la possibilità di operare, mentre le nuove richieste rischiano il rifiuto sulla base di accuse arbitrarie e politicizzate, come la “delegittimizzazione di Israele”. Altri fattori di esclusione includono il sostegno pubblico al boicottaggio di Israele negli ultimi sette anni (da parte del personale, di un partner, di un membro del Consiglio di amministrazione o del fondatore) o il mancato rispetto di requisiti di rendicontazione esaustivi. “Inquadrando la difesa dell’attività umanitaria e dei diritti umani come una minaccia per lo Stato, le autorità israeliane possono escludere le organizzazioni semplicemente per aver denunciato le condizioni di cui sono testimoni sul campo, costringendo le Ong internazionali a scegliere tra fornire aiuti e promuovere il rispetto dei diritti dovuti alle persone colpite”, sottolineano.
Le Ong internazionali sono inoltre tenute a presentare a Israele elenchi completi del personale e altre informazioni sensibili sul personale e sulle loro famiglie al momento della richiesta di registrazione. “In un contesto in cui gli operatori umanitari e sanitari sono regolarmente soggetti a molestie, detenzioni e attacchi diretti, ciò solleva serie preoccupazioni in materia di protezione – denunciano -. Queste nuove regole fanno parte di una repressione più ampia e a lungo termine dello spazio umanitario e civico, caratterizzata da una sorveglianza e attacchi intensificati, e da una serie di azioni che limitano l’accesso umanitario, compromettono la sicurezza del personale e minano i principi fondamentali dell’azione umanitaria”. La Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di consentire la consegna senza ostacoli di aiuti umanitari a Gaza con tre ordinanze provvisorie giuridicamente vincolanti nel 2024. Le 55 Ong invitano gli Stati, i donatori e la comunità internazionale a “utilizzare tutti i mezzi possibili per proteggere le operazioni umanitarie da misure che compromettono la neutralità, l’indipendenza e l’accesso, inclusi i requisiti per l’elenco del personale, i controlli politici e le vaghe clausole di revoca”, “adottare misure politiche e diplomatiche concrete” e “sostenere le Ong internazionali e le organizzazioni della società civile palestinese e israeliana attraverso assistenza legale, supporto diplomatico e finanziamenti flessibili”.
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