Il bacolo dell’arcivescovo De Ricci, capolavoro dell’arte tardogotica
Rappresenta un unicum rispetto a tre simili esemplari conservati a Tropea, Troina e Potenza
di Lucia Lojacono
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Autentico capolavoro di oreficeria tardogotica nell’Italia meridionale, è l’opera di maggior interesse del Museo diocesano di Reggio Calabria
Con la definizione “bacolo pastorale” (dal latino baculus pastoralis) si designa, in generale, il bastone del vescovo, insegna del potere ecclesiastico, costituita da una lunga asta culminante in una sommità ricurva: non ne è certa l’origine, forse da far risalire simbolicamente all’ambiente pastorale ebraico, allusiva al potere giuridico e dottrinale esercitato sui fedeli dai vescovi in quanto “pastori di anime”.
Il bacolo pastorale dell’arcivescovo Antonio De Ricci, autentico capolavoro di oreficeria tardogotica nell’Italia meridionale, è l’opera di maggior interesse del Museo diocesano di Reggio Calabria. Realizzato in argento fuso e dorato con smalti policromi, è databile al sesto decennio del Quattrocento e attribuito ad un ignoto argentiere napoletano per aspetti compositivi e stile e la presenza, in diversi punti, del marchio “NAPL” con corona gigliata. Il bacolo appartenne a monsignor Antonio De Ricci, arcivescovo di Reggio dal 1453 al 1488, cui si riferiscono lo stemma e l’iscrizione in caratteri gotici incisi in basso, sul nodo a sfera schiacciata, entro sei tondi. Sul nodo si erge un’edicola a forma di tempietto con cupola decorata a scaglie di pesce e suddivisa in nicchie entro le quali sono statuette raffiguranti la Madonna, San Paolo, San Bartolomeo (con un’impugnatura simile a quella di un coltello), San Pietro, San Giacomo Maggiore (vestito con una tunica e recante un libro e un bastone) e un Santo vescovo non identificato (forse San Gennaro).
Da qui si eleva il riccio decorato, su un fondo in smalto, con racemi di vite e piccoli grappoli d’uva in argento filigranato e dorato, girali verdi e viola e petali bianchi; sul profilo sono foglie d’acanto dorate. All’interno del riccio è raffigurata l’Incoronazione della Vergine. Il manufatto per la raffinatezza della decorazione in smalto filigranato e delle microsculture così come per l’alta qualità esecutiva esprime la maestria di un ignoto argentiere napoletano cui l’arcivescovo De Ricci si rivolse, probabilmente, in occasione del suo ingresso nella diocesi reggina.
Il bacolo pastorale di Reggio Calabria è da sempre associato dagli studiosi a due altri ricci di pastorale quattrocenteschi conservati, rispettivamente, a Troina (Enna) e nel Museo diocesano di Tropea: Angelo Lipinsky fin dal 1933 ha approfondito l’analisi dei tre manufatti, in particolare di quello reggino che confronta con un quarto riccio di bacolo pastorale proveniente da Potenza e custodito al Metropolitan Museum of Art di New York. Ai quattro manufatti lo studioso restituisce la propria unicità compositiva e tecnica e in particolare a quello reggino la sua originale appartenenza a un argentiere napoletano pienamente partecipe della cultura artistica di matrice aragonese ormai subentrata a Napoli, come tra l’altro garantirebbe il bollo di garanzia rilevato, in uso a Napoli tra il sesto e il settimo decennio del Quattrocento.
Il riccio di Potenza, inoltre, per la sua datazione al 1457, ha permesso al Lipinsky di restringere il campo cronologico dell’esecuzione dei quattro bacoli nel corso della seconda metà del Quattrocento e di suggerire per quello potentino una sorta di priorità cronologica, per quello reggino un aspetto di preminenza stilistica e per i rimanenti due una specie di replica su modello scaglionando prima quello di Troina e poi l’altro di Tropea. Simili i quattro manufatti per l’apparato decorativo, l’unicità del bacolo pastorale di Reggio Calabria rispetto agli altri tre esemplari, oltre alla presenza del bollo di garanzia, risiede, in particolare, nell’iconografia che nel riccio reggino illustra l’Incoronazione della Vergine, mentre negli altri cede al Cristo che consacra un vescovo a Tropea, al Cristo che consacra San Pietro a Troina e all’immagine dell’Eterno Padre nel bacolo di Potenza.
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