Avvenire di Calabria

L’8 maggio 2015 si era suicidato l’ex marito dell'imprenditrice calabrese

Il fratello di Maria Chindamo: «Uccisa perché libera»

Federico Minniti

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È sparita nel nulla il 6 maggio 2016 vicino Limbadi: la storia di Maria Chindamo va oltre il cliché dei «casi irrisolti ». Un intreccio criminale ammantato coperto da un’omertà assordate quello che secondo (quasi) tutti è un episodio cruento di «lupara bianca». Ha pochi dubbi il fratello di Maria, Vincenzo Chindamo.

Ripartiamo da quel 6 maggio 2016. Cosa è successo?
Tre anni fa doveva essere un giorno normale di una donna normale che in un territorio difficile si alza la mattina per mantenere i propri figli. Maria aveva ripreso in mano la sua vita e coraggiosamente si era reinventata imprenditrice agricola, adattando la propria vita da Rosarno a Laureana di Borrello. Questo dava fastidio a qualcuno e, per questo, hanno pensato a dare una lezione a Maria, alla sua famiglia, al territorio intero “togliendola di mezzo”.

Una data “particolare”, infatti ricorreva il primo anniversario dal suicidio dell’ex marito di sua sorella. Una casualità?
Maria aveva una vita pulita e non era inserita in alcun contesto criminale. Perché quindi farla fuori? L’unico evento drammatico è stato certamente il suicidio dell’ex marito: Maria è stata portata via dalla violenza di qualcuno, come testimoniano le tracce di sangue rinvenuto sul luogo della scomparsa.

Crede che l’indagine sia stata portata avanti in modo scrupoloso, battendo tutte le piste?
Sono state battute tante delle piste possibili. Le indagini sono ancora in corso, pertanto non posso pronunciarmi oltre.

Come ha reagito il paese alla notizia della scomparsa di Maria? Che tipo di supporto ha dato in questi anni di ricerche?
Nell’immediato il territorio è rimasto in un silenzio di terrore, non di indifferenza. Poi abbiamo avuto tanta solidarietà. E anche qualche indifferenza soprattutto dalle componenti politiche che dovevano farsi promotori nel richiedere verità e giustizia.

Lei, in passato, ha parlato di una vicenda «avvolta» nella mentalità mafiosa. Perché?
La lupara bianca è una modalità tipicamente mafiosa. La scelta di far scomparire una donna che ha scelto di percorrere la strada della libertà sentimentale è inequivocabile: questo omicidio ha ucciso idealmente tutte le donne libere.

Eppure, di recente, una parte di Calabria è scesa in strada al vostro fianco. Come giudica quella iniziativa?
Abbiamo ricevuto un grande abbraccio solidale. La scomparsa di Maria ha scosso gli animi della gente.

Vuol dire qualcosa ai presunti colpevoli del delitto di sua sorella?
Hanno interrotto il cammino di Maria, ma lei cammina ancora sulle gambe di tante altre persone che possono riconoscere la bellezza dell’essere libere.

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