Pace: card. Zuppi alla veglia di preghiera, “il Giubileo sia un’opportunità”
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In occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che ricorre quest’oggi, l’Anmil sollecita la riflessione sul fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile. “Nel nostro immaginario, siamo abituati a relegare la piaga dello sfruttamento del lavoro dei minori alle aree più depresse del pianeta – dichiara il presidente nazionale dell’Anmil, Emidio Deandri – ma il fenomeno è presente anche nei Paesi socialmente ed economicamente avanzati come l’Italia”.
Leggendo i dati riportati nel 2° rapporto statistico sul “Lavoro minorile in Italia” presentato dall’Unicef Italia in occasione della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile del 12 giugno 2024, emerge che, nel nostro Paese nel 2023 sono stati rilevati circa 78.500 lavoratori minorenni di età compresa tra i 15 e i 17 anni (il 4,5% della popolazione totale di quella fascia d’età), in aumento rispetto ai 70.000 del 2022. Gran parte di questi baby lavoratori ha la qualifica di “dipendente” seguita da “operaio agricolo” e “voucher”.
“In pratica nel nostro Paese ogni mattina quasi un minore su 20 non va a scuola ma va a guadagnarsi da vivere con le proprie mani, con tutti i rischi in termini di sicurezza che la loro inesperienza comporta. E infatti – prosegue Deandri – i dati rilevati dalle statistiche Inail, parlano di circa 6.000 infortuni che ogni anno colpiscono lavoratori minorenni, con un indice di incidenza infortunistica quasi doppio rispetto a quello generale. Nella grande maggioranza si tratta di maschi apprendisti operanti nell’industria manifatturiera, ristorazione, commercio, agricoltura e costruzioni. Le regioni in cui si verifica il maggior numero di infortuni minorili sono al Nord, in particolare Lombardia (18,3% del totale nazionale), Veneto (10,6%), Piemonte (6,9%) ed Emilia Romagna (4,9%). Quasi il 10% dei minori infortunati è rappresentato da stranieri (in particolare Albania, Marocco e Romania). È a questi dati agghiaccianti che la nostra Associazione vuole dare risposte fattive, mossi dal duplice impegno morale nei confronti dei minori infortunati: assisterli nel post infortunio e costruire per loro un nuovo futuro”.
“Tuttavia – conclude il presidente dell’Anmil – ritengo opportuno sottolineare che si tratta soltanto di quella fascia di lavoratori regolari di età compresa tra i 16 anni (età minima legale di ammissione al lavoro) e i 17 anni, che vengono regolarmente denunciati dalle aziende all’Istituto assicuratore; per gli altri, e sono certamente molti, i dati affondano nella immensa voragine del lavoro nero. A tale scopo, una ulteriore elaborazione effettuata dai nostri tecnici Anmil, basata sull’ipotesi minimale che la distribuzione per classi di età degli infortuni ‘in nero’ sia sostanzialmente analoga a quella degli infortuni denunciati, stima in almeno 2.000 gli infortuni occorsi a lavoratori minori irregolari che non sono denunciati e sfuggono pertanto alle statistiche ufficiali. Ed è proprio per questi motivi che noi dell’Anmil ci impegniamo costantemente nelle scuole dove proponiamo modelli innovativi di diffusione della cultura della sicurezza tra le giovani generazioni, attraverso un’azione sinergica capace di coinvolgere ragazzi, insegnanti, dirigenti scolastici e Istituzioni”.
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