Calabria, natalità in lieve ripresa ma cresce la desertificazione
È quanto emerge dall’ultimo censimento Istat. Reggio Calabria resta l’unica città sopra i 100 mila abitanti, ma continua a perdere residenti.
Il report dell’Istat su natalità e fecondità della popolazione nel 2022 non fa che confermare i dati negativi anticipati nelle previsioni di sei mesi fa, aggiungendo un ulteriore elemento di preoccupazione: il crollo delle nascite è proseguito anche nel primo semestre di quest’anno.
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Insomma, se il 2022 si è chiuso per la prima volta dall’Unità d’Italia con un numero di nati tra i cittadini residenti inferiore a quota 400.000 - 393.333 per la precisione, quasi 7.000 in meno rispetto al 2021, un calo dell’1,7% – il 2023 rischia di andare ancora peggio. Da gennaio a giugno, infatti, i bebè sono calati di un altro 2%, vale a dire 3.500 in meno dello stesso periodo di un anno prima. Questo declino dovrebbe portare il numero medio di figli per donna in età fertile a 1,22: un calo netto dal dato di 1,24 del 2022 e di 1,25 del 2021.
C’è una differenza importante, nella cifra del tasso di fecondità, e si riferisce al fatto che tra le donne di cittadinanza italiana il numero medio di figli è di solo 1,18, mentre tra le straniere è pari a 1,87. La diminuzione delle nascite – afferma l’Istat – è attribuibile per la quasi totalità al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani, che lo scorso anno hanno messo al mondo solo 311.117 figli.
Non ci si deve illudere più di tanto, però, pensando al contributo delle coppie portatrici di una cultura familiare più solida: nonostante gli stranieri siano oggi l’8,6% della popolazione, il calo delle nascite riguarda sempre di più anche questi, a riprova del fatto che col tempo se le condizioni di vita non sono soddisfacenti e i sostegni alla natalità limitati, la tendenza di chi arriva in un paese a bassa fecondità è quella di adeguarsi al contesto.
I bambini nati da genitori in cui almeno uno è straniero sono stati 82.216, il 21% del totale, ma rispetto a dieci anni fa si tratta di quasi 26mila bebè in meno, più o meno lo stesso calo registrato nel caso in cui entrambi i genitori sono stranieri, dove però si è scesi a sole 53.000 nascite.
L’Italia, si potrebbe dire leggendo queste cifre, può ormai ambire a mantenere una stabilità demografica contando quasi esclusivamente sull’immigrazione, considerato che le riforme degli ultimi anni non sono ancora riuscite a incidere e che il tempo a venire, pur con tutta la volontà politica possibile, non potrà che essere avaro di interventi alla luce della situazione estremamente delicata dei conti pubblici.
La tendenza calante delle nascite sarà difficile da invertire anche perché, come ha ricordato l’Istat, il declino è causato soprattutto dal fatto che la popolazione femminile in età feconda, cioè tra i 15 e i 49 anni, è diminuita considerevolmente per l’effetto delle poche nascite del ventennio dal 1976 al 1995 che ha visto crollare fortemente la fecondità.
Un aspetto positivo del report riguarda il fatto che molte coppie hanno messo al mondo nel 2022 il figlio che desideravano ma i cui progetti erano stati compromessi dalla pandemia di Covid: il 49% dei nati nel 2022 erano dei primogeniti, il 3,2% il più rispetto a un anno prima. Un recupero che tuttavia rischia di esaurirsi in poco tempo: i secondogeniti sono calati del 6%.
È quanto emerge dall’ultimo censimento Istat. Reggio Calabria resta l’unica città sopra i 100 mila abitanti, ma continua a perdere residenti.
Dall’analisi dei dati Istat sulla natalità in Italia emerge un calo delle nascite distribuito su tutto il territorio nazionale. Anche la Calabria in linea con la media nazionale e peggio dell’Europa.
In occasione della odierna Giornata mondiale della popolazione, Eurostat ha diffuso uno studio sulle dinamiche
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