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“L’umanità viene cancellata a Gaza. La situazione oggi è mortale per tutti i palestinesi. È mortale per coloro che sono operatori umanitari che assistono le persone in difficoltà e per coloro che lavorano come giornalisti cercando di documentare gli orrori sul campo. Israele ha ripetutamente colpito le sedi delle Nazioni Unite e imposto una barriera dopo l’altra, sia fisica che burocratica, al lavoro di aiuto. Questa settimana ho assistito all’impatto catastrofico dei flussi di aiuti soffocati. Non c’è stata una sola settimana dall’inizio di questa guerra in cui siano stati consegnati aiuti sufficienti a Gaza”: lo denuncia il segretario generale del Norwegian Refugee Council (Nrc), Jan Egeland, dopo 13 mesi di guerra combattuta a Gaza tra Hamas e Israele. In una nota diffusa oggi, Egeland fa il punto sulla situazione umanitaria nella Striscia dopo una sua visita condotta questa settimana e parla, senza mezzi termini, di “completa distruzione”, di “popolazione spinta oltre il punto di rottura”, di “famiglie distrutte, uomini e ragazzi detenuti e separati dai loro cari e famiglie incapaci persino di seppellire i loro morti. Alcuni sono rimasti giorni senza cibo, l’acqua potabile non si trova da nessuna parte. È una scena dopo l’altra di assoluta disperazione”. Le cifre fornite dal Nrc puntano il dito contro le politiche israeliane che “hanno portato a livelli pietosi gli aiuti” al punto che “il 91% della popolazione di Gaza vive una grave insicurezza alimentare, e il 16% probabilmente a rischio fame”. Per il segretario del Nrc “questa non è in alcun modo una risposta legale, un’operazione mirata di ‘autodifesa’ per smantellare i gruppi armati o una guerra coerente con il diritto umanitario. Ciò che Israele sta facendo qui, con le armi fornite dall’Occidente, sta rendendo inabitabile un’area densamente popolata per quasi due milioni di civili”. Da qui “la richiesta di un cessate il fuoco immediato, del rilascio degli ostaggi e di coloro che sono stati arbitrariamente detenuti e dell’inizio di un vero processo di pace”. Inoltre, “le famiglie palestinesi sono ancora costrette a spostarsi da un’area insicura all’altra. Sessantadue ordini di ricollocazione israeliani attivi mirano a limitare i palestinesi a solo il 20% di Gaza, senza alcuna garanzia di sicurezza o ritorno. Ciò costituisce un trasferimento forzato, una grave violazione del diritto internazionale. Con l’avvicinarsi dell’inverno, molti non hanno nemmeno una tenda o un telone per ripararsi e la maggior parte degli aiuti rimane bloccata dai valichi di frontiera a causa dell’insicurezza, delle ostilità attive e della distruzione diffusa”. “Particolarmente disperate”, per Egeland, sono “le condizioni nel governatorato di Gaza settentrionale” dove “si stima che 100.000 persone siano completamente tagliate fuori dagli aiuti umanitari”. Dalla sua visita a Gaza del febbraio scorso, Egeland denuncia una “situazione drasticamente peggiorata. Chi è al potere da tutte le parti agisce impunemente, mentre milioni di persone a Gaza e nella regione pagano un prezzo terribile. Gli operatori umanitari possono parlare di ciò che stiamo vedendo, ma solo chi è al potere può porre fine a questo incubo”.
Fonte: Agensir