
La cantante reggina Micaela Foti condurrà Food Singer
Da lunedì 12 febbraio, alle ore 21, su Gambero Rosso Channel, canale Sky 133, arriva
L’orgoglio delle origini come chiave per innovare senza dimenticare
Dalla musica alla cucina, passando per i grandi palcoscenici internazionali e i set televisivi, Micaela Foti è un’artista poliedrica che ha fatto dell’autenticità la sua cifra distintiva. Il suo talento è emerso giovanissima nel programma di Rai Uno Ti lascio una canzone, in diretta in prima serata, e si è affermato al Festival di Sanremo con il brano Fuoco e cenere, classificandosi prima al televoto nazionale e seconda nella classifica generale. Da allora, ha proseguito un percorso ricco di concerti, produzioni discografiche e apparizioni televisive.
Oggi, accanto a nuove esperienze sul piccolo schermo, continua a mettere la musica al centro del suo cammino, ispirandosi alle grandi voci femminili della scena internazionale e italiana, tra cui Mia Martini, a cui guarda con profonda ammirazione. In questa intervista, realizzata in occasione dell’anniversario della scomparsa di Mia Martini, Micaela racconta questa straordinaria artista, il valore delle radici meridionali e cosa significa, oggi, essere una cantante.
Micaela, cosa ha rappresentato per te Mia Martini nella tua formazione artistica e personale? Mia Martini è stata per me fonte di ispirazione e di forza. La sua voce, così autentica e profonda, mi ha insegnato l’importanza di rimanere fedele a sé stessi, di affrontare le difficoltà con coraggio e di esprimere emozioni sincere attraverso la musica. Artisticamente, ha aperto la mia mente sulla capacità della canzone di raccontare storie profonde, e, personalmente, il suo percorso di resilienza mi ha incoraggiato a non mollare mai, anche nei momenti più difficili.
Hai mai pensato di reinterpretare un suo brano in chiave moderna? Quale e come? Nella mia valigia artistica ho sempre interpretato i suoi brani di maggiore successo. “Almeno tu nell’universo” e “E non finisce mica il cielo” hanno un posto speciale nel mio cuore. Sarebbe interessante rivisitarle con un arrangiamento più contemporaneo, magari con sonorità elettroniche o con un ritmo più dinamico, mantenendo però la profondità emotiva dei testi e delle melodie. L’obiettivo sarebbe di creare un ponte tra passato e presente.
Cosa rappresenta per te essere una cantante del Sud, oggi, nell’Italia musicale contemporanea? Essere una cantante del Sud significa portare avanti una tradizione ricca di emozioni, passione e autenticità. È un onore e una responsabilità rappresentare una cultura fatta di storie, dialetti e sonorità uniche. Uno dei miei sogni è quello di portare nel panorama musicale contemporaneo il mio background del Sud. È un modo per distinguermi e per contribuire a una scena più varia e inclusiva, dimostrando che le radici profonde possono essere una fonte di forte originalità.
Cosa pensi che Mia Martini direbbe del mondo musicale di oggi? Probabilmente, Mia Martini avrebbe apprezzato la diversità e la libertà di espressione che caratterizzano oggi il panorama musicale, ma allo stesso tempo potrebbe essere preoccupata per la superficialità e la mancanza di autenticità che a volte si percepiscono. Il focus a cui dare maggiore importanza sarebbe la qualità e la profondità delle emozioni, non smettendo mai di cercare la vera essenza della musica.
«Io non sono di origine calabrese, io sono proprio calabrese. Mio padre era di Villa San Giovanni, mia mamma di Bagnara Calabra, io sono nata a Bagnara. Più calabrese di così. Io sono la Calabria» Con fermezza e un moto di orgoglio, puntualizzava così Mia Martini durante una video intervista, alla domanda: «Tu sei di origine calabrese?».
Nata il 20 settembre 1947 a Bagnara Calabra, Domenica Bertè – questo il suo vero nome – ha sempre portato dentro di sé la forza, la malinconia e la fierezza della sua terra. Pur avendo lasciato Bagnara da piccolissima, rimase per tutta la vita legata a quel tratto di costa affacciato sullo Stretto. Luogo in cui tornava per riabbracciare le sue radici «Mi sento un’emigrata che torna a casa», diceva in un’intervista conservata nelle Teche Rai Calabria. Quella casa in cui era pronta a tornarci a vivere, spiegandone il motivo: «Perché sono un po’ più grande e ti rendi conto che a casa si sta meglio».
Anche se raramente ha cantato esplicitamente la Calabria nei testi, è nel tono, nella scelta delle parole, nei gesti, che si percepisce l’amore per la sua terra. Il video di uno dei suoi brani più celebri, Piccolo Uomo, girato ai piedi dei Bronzi di Riace è una dedica accorata rivolta alla coppia di statue più simboliche della Calabria. E ancora, nel video di Ancora canto, Mia Martini canta sognante a bordo di una piccola barca di pescatori, lungo la costa di Chianalea di Scilla. Negli anni ’80 Mia Martini inizia a essere emarginata a causa di una diceria infondata secondo cui porterebbe sfortuna.
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Nel 1982 sale per la prima volta sul palco di Sanremo, con uno dei brani più iconici, E non finisce mica il cielo, con cui ottiene il Premio della Critica, poi a lei intitolato. Ma la superstizione persiste, spingendola nel 1983 a lasciare le scene. Tornerà a Sanremo nel 1985 con Spaccami il cuore e, negli anni successivi, con brani indimenticabili come: Almeno tu nell’universo (1989), La nevicata del ’56 (1990), Gli uomini non cambiano (1992). Nel 1995, durante un tour nazionale, si ritira a Cardano al Campo, in provincia di Varese, per stare vicino al padre, con cui aveva ricucito un rapporto tormentato. Viene ritrovata in casa il 12 maggio dello stesso anno, senza vita, con la cuffia del mangianastri ancora nelle orecchie. A chi l’ha amata, oggi resta la sua voce che continua a emozionare e a raccontare la sua anima calabrese.
Da lunedì 12 febbraio, alle ore 21, su Gambero Rosso Channel, canale Sky 133, arriva
È disponibile in radio e in digitale. Il brano, scritto per lei da Anna Chiara Zincone e Fabio Vaccaro, esce a dieci anni dalla partecipazione dell’artista di origini calabresi al 61esimo Festival di Sanremo
L’indimenticabile interprete reggina è scomparsa tragicamente il 12 maggio 1995. Ripartire da queste personalità per dimostrare che la Calabria è tanto altro, oltre i cliché di ‘ndrangheta e arretratezza.
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