Avvenire di Calabria

«Natale, il giorno del ”diritto alla gioia”»

Il messaggio del presidente della Conferenza episcopale calabra, monsignor Vincenzo Bertolone, per le festività natalizie rivolte ai fedeli della Chiesa di Calabria

Vincenzo Bertolone *

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«Sarà Natale se troveremo la luce nella povera grotta di Betlemme. Non sarà Natale se cercheremo i bagliori luccicanti del mondo, se ci riempiremo di regali, pranzi e cene ma non aiuteremo almeno un povero, che assomiglia a Dio, perché a Natale Dio è venuto povero».
 
Sono le parole che papa Francesco ha pronunciato nell’ultima udienza generale del 2018. Egli ricorda quanto sia facile “incartare” il Natale in una confezione regalo, con un po’ di lustrini, stelline e bacche. Ma, al tempo stesso ed ancor più incisivamente, invita a tener presente quante voci flebili attendono di essere ascoltate. Ad esempio, come sottolineava già Giovanni XXIII nella Mater et magistra, quelle di chi con la retribuzione non riesce ad arrivare alla fine del mese e, figuriamoci poi chi un lavoro non ce l’ha, o lo ha perduto. È per molti versi l’immagine della Calabria segnata dalla ripresa dell’emigrazione (giovanile e non solo), con tanta gente che va via in silenzio e spesso tra le lacrime, lasciandosi alle spalle affetti e speranze e portando con sé un pezzo di futuro della propria terra. C’è, insomma, un mondo che la durezza di cuore impedisce di scorgere, rendendo il Natale una festa forse decorosa, di certo sempre meno umanitaria.
 
Pure per questo, probabilmente, molti credenti assistono smarriti allo svuotarsi di contenuto legato al giorno della nascita di Cristo e pensano di poterla onorare compiutamente solo custodendole in disparte, come un tesoro esclusivo e privato. Altri, invece, si rallegrano perché anche i non credenti ricorrono ad alcuni elementi e riti della “religione civile” per ritrovare valori comuni e rinsaldare un’identità individuale e collettiva  sfilacciata, inconsapevoli  del valore che implicitamente riconoscono al Natale ed al suo senso genuino tanto ignorato e deriso dal  laicismo.
 
Vale, allora, la pena di richiamare l’insegnamento di Paolo: «Dio si è fatto uomo per insegnarci a vivere da uomini in questo mondo». Dio è venuto tra noi vivendo nella nostra umanità perché imparassimo a vincere il male con il bene, la bruttezza con la bellezza di una vita segnata dall’amore e dalla comunione, sottolinea l’apostolo delle genti. E nel suo dire v’è la traccia per un Natale che possa tornare ad essere davvero festa universale, l’occasione per riaccendere una speranza che riguarda tutti, per ascoltare quel canto alla vita che risuona anche per quanti hanno smarrito o dimenticato il senso religioso della Natività ed ai quali Dio fa giungere comunque, il  messaggio d’amore, chiamando tutti ad impegnarsi fattivamente per un domani migliore.
 
Nell’ora più pacata e misteriosa dell’anno, è in questo orizzonte l’augurio migliore: come scriveva Rainer Maria Rilke, possa ciascuno ritrovare dentro di sé «quel posticino, dove siamo semplicemente bambini, che attende e sta là, fiducioso e mai confuso, nel suo diritto a una grande gioia: questo è il Natale»: Cristo, suprema epifania di Dio, canto e pienezza di vita. 
 
* Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squilllace e presidente Cec

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