
Giubileo 2025: Acerenza, sabato a Tolve la celebrazione per operatori e volontari delle Caritas parrocchiali
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Le ragazze sopravvissute a Boko haram e ai maltrattamenti da parte dei militari nel nord-est della Nigeria denunciano che il governo continua a non garantire servizi adeguati alla loro reintegrazione e che non sono in grado di sostentare né loro stesse né le proprie famiglie. È trascorso un anno dal lancio della campagna #EmpowerOurGirls e dalla pubblicazione del rapporto di Amnesty international “Aiutateci a ricostruire le nostre vite”, che raccolse le richieste di aiuto da parte di queste ragazze e giovani donne nel tentativo di guarire e reintegrarsi nella società. “A un anno di distanza è inaccettabile che le autorità nigeriane non siano ancora in grado di garantire a queste ragazze e giovani donne la possibilità di ricostruire la propria vita in sicurezza”, ha dichiarato Isa Sanusi, direttore di Amnesty international Nigeria.
“Il momento in cui una ragazza o una giovane donna riesce a lasciare Boko haram dovrebbe segnare l’inizio del suo percorso di reintegrazione nella società. Invece, molte ci hanno raccontato di essere ancora abbandonate a sé stesse e in difficoltà a sopravvivere. Le persone che hanno subito violazioni da parte di Boko haram, tra cui matrimoni forzati e tratta di esseri umani, continuano a non avere un’identità né a essere aiutate. Restano, nella stragrande maggioranza dei casi, invisibili agli occhi delle autorità governative”, ha proseguito Sanusi, chiedendo al presidente Bola Tinubu e al governo nigeriano di “agire con urgenza per aiutare le sopravvissute di Boko haram. Queste ragazze e giovani donne devono essere messe in condizione di autodeterminarsi, attraverso un accesso immediato all’assistenza sanitaria, all’istruzione e ai mezzi di sussistenza”.
Nel febbraio 2025 Amnesty International ha intervistato sette sopravvissute fuggite dopo essere state costrette a sposare membri di Boko haram e una donna che ha vissuto in un territorio controllato dal gruppo. L’unica maggiorenne, di 22 anni, era stata costretta a sposare un membro di Boko haram quando era bambina; sette avevano tra i 12 e i 17 anni. Nessuna delle sopravvissute ha ottenuto servizi personalizzati per la reintegrazione né informazioni su eventuali percorsi di sostentamento, consulenza o formazione professionale. In sette casi, le ragazze sopravvissute che sono entrate in contatto con le forze di sicurezza dopo la fuga non sono state trasferite alle autorità civili per ricevere l’assistenza prevista, come stabilito dal protocollo di trasferimento firmato dal governo nigeriano e dalle Nazioni Unite nel 2022.
Il conflitto armato tra Boko haram e le forze nigeriane, iniziato oltre dieci anni fa, ha avuto un impatto sulla vita di milioni di persone nel nord-est della Nigeria e ha prodotto una crisi umanitaria con milioni di sfollati interni. Di recente Boko haram ha ripreso ad intensificare attacchi e rapimenti nel nord-est della Nigeria, costringendo nuovamente alla fuga molte persone che erano tornate a vivere nei villaggi precedentemente controllati dal gruppo. Amnesty ha più volte documentato gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario commesse da Boko haram. Il 2 dicembre 2024 ha presentato una protesta formale alla Camera pre-processuale della Corte penale internazionale per conto di diverse reti di persone sopravvissute, chiedendo la fine dell’inaccettabile ritardo della Corte nell’avvio delle indagini su crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Nigeria.
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