Giubileo 2025: Grosseto, il portale scoplito da Hildegard Hendrichs da la Verna alla cattedrale
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“Continuiamo a disarmare il cuore, premessa imprescindibile per far sbocciare una umanità nuova” e “lavoriamo tutti per essere artigiani di pace dove il Signore ci ha posti”. Lo ha detto ieri sera il vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, mons. Giuseppe Alberti, nell’omelia della messa che ha preceduto la Marcia della Pace, giunta alla 37ma edizione, che si è svolta a Polistena (Rc) su iniziativa della parrocchia Santa Maria Vergine di Polistena, dall’associazione “Il Samaritano” e dalla diocesi con la collaborazione di diverse realtà del territorio. “Qualcuno potrebbe dire: su queste cose solo i grandi della terra possono fare qualcosa, noi restiamo fuori gioco, al massimo possiamo manifestare disappunto o fare qualche marcia o manifestazione per la pace”, ha detto il presule: “non è così. La vera pace può nascere solo da un cuore disarmato”. La diocesi calabrese “nel nostro piccolo” vuole porre “un segno giubilare che possa riaccendere la speranza in chi si trova a vivere situazioni di una subdola schiavitù: quella della morsa dell’usura che non dà scampo, che toglie serenità a persone che sono cadute in questa spirale sempre più asfissiante che rischia di mandare all’aria famiglie anche nel nostro territorio”. Quello che si è aperto – ha detto ancora mons. Alberti – è “un anno che ci offre una grande opportunità di rinnovamento spirituale, ecclesiale e sociale” spiegando che all’inizio dell’anno c’è sempre un messaggio di speranza che parla di pace e il messaggio di Papa Francesco per la Giornata della pace “ci invita a metterci in ascolto dell’umanità che si trova in tanti modi e forme minacciata. Non rimanere sordi alla sofferenza della gente, al male del mondo”. Questo nuovo anno si apre in un momento “particolarmente difficile per la comunità internazionale. Dai bombardamenti su Gaza e Yemen alle tensioni in Ucraina fino alla crescente crisi dei diritti umani in molte parti del mondo” – ha detto il parroco del Duomo di Polistena mons. Pino Demasi – e le disuguaglianze continuano a mettere a dura prova la coscienza collettiva. Siamo allora qui innanzitutto da credenti per chiedere al Signore, datore di ogni bene, il dono della pace. Da questa città e da questo territorio martoriato – ha aggiunto mons. Demasi – parte questa sera un’invocazione di preghiera perché la pace si faccia strada nel mondo e negli ambienti di vita ma non basta dire pace, bisogna farla, ripeteva don Tonino Bello sottolineando l’importanza di un impegno concreto che coinvolga la politica, le istituzioni e ogni singolo cittadino. Forse la cosa più brutta che dobbiamo confessare questa sera è la nostra incapacità di provare empatia verso ciò che accade come se dentro di noi avessimo accettato la cultura e l’economia di guerra trasformandola nella nostra nuova normalità. Il non provare più rabbia, ribellione, angoscia, l’incapacità di non sapersi più immedesimare nel dolore degli altri è il dramma che viviamo nelle nostre comunità. Forse – ha concluso – la nostra sconfitta più vera, perché ci porta a chiuderci in un piccolo e illusorio mondo dove non c’è più posto per i sogni e per la speranza. Siamo noi uomini e donne del nostro tempo che con in mano il Vangelo e la Costituzione dobbiamo tornare a sognare insieme, lasciando le nostre piccole e anguste case interiori dove ci siamo nascosti per sfuggire alla realtà per tornare ad abitare le strade che invece ci aprono al confronto e riconoscimenti degli altri”. Alla Marcia molti i sindaci del territorio con le fasce tricolori e tanti i cittadini presenti.
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