Avvenire di Calabria

Papa al Gemelli: p. Pasolini, “gli inferi sono tutti quei luoghi in cui non abbiamo più tempo, più pazienza, più voglia di guardarci negli occhi”

di Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


“Quando Cristo riposa, il Sabato Santo, scende negli inferi, che è il luogo dove tutti noi ci troviamo a causa del peccato e dove abbiamo bisogno di essere raggiunti e salvati”. Lo ha detto padre Roberto Pasolini, predicatore della Casa Pontificia, nella meditazione di questo pomeriggio per gli esercizi spirituali della Curia Romana, in Aula Paolo VI, mentre il Papa trascorre il suo ventottesimo giorno di degenza al Policlinico Gemelli per una polmonite bilaterale. “Gli inferi sono il vero punto di arrivo del percorso abbracciato da Dio fin dal suo battesimo”, ha spiegato il religioso: “voleva arrivare lì, con la sua scelta di incarnazione, aveva bisogno di scendere agli inferi, non gli bastava la Risurrezione”. “Gli inferi è il luogo dove Dio sa che ci troviamo, fin da quel giorno in cui abbiamo deciso di sottrarci alla sua presenza”, ha proseguito: “dobbiamo immaginarci il Sabato Santo come ultimo atto di una rincorsa d’amore che Dio ha fatto nei nostri confronti”. Nella Risurrezione, insomma, “il prodigio non è tanto che Gesù ce l’abbia fatta, ma che ce l’abbia fatta a raggiungere noi, che ci abbia fatto risorgere noi con lui. Non vuole farci vedere la sua forza, ma mostrare che la sua potenza d’amore era proprio verso di noi voleva dispiegarsi. Noi siamo i destinatari della Risurrezione, non Dio stesso. La Risurrezione è un evento di comunione, non un trionfo individuale. Eravamo noi la meta del viaggio”. “Gli inferi – in riferimento alla vita quotidiana – sono tutti quei luoghi in cui non abbiamo più tempo, più pazienza, non abbiamo voglia di guardarci negli occhi. Non sono un luogo così remoto, così lontano. In un tempo di grandi connessioni e di prossimità così forti come quello in cui viviamo, rischiamo di vivere profondamente isolati gli uni dagli altri, senza riuscire neanche più a guardarci negli occhi. Riconoscerci: questo basterebbe a tenere in piedi le nostre giornate. Guardiamo tutti e tutto tranne chi ci sta accanto, tanto più con gli strumenti digitali che ci permettono di essere qui e altrove nello stesso tempo. Oggi viviamo nel mito delle cose 365 giorni all’anno e 24 ore su 24, mai spenti, mai in pausa. Fermarsi e godere di quello che abbiamo potuto fare è la cosa più importante, il vero riposo. Invece siamo spesso insonni ed eternamente insoddisfatti, perché c’è sempre qualcosa che ci sfugge. Vuol dire che quello che stiamo facendo non riesce a nutrirci”.

Fonte: Agensir

Articoli Correlati

Tags: