Avvenire di Calabria

Puru u Signuri cugghiva a liva!

«...ho provato ad immaginare Gesù intento a scuotere o bacchiare i rami di ulivo, per poi raccogliere da terra il prezioso frutto…»

di Daniele Fortuna

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Mi sono dunque alzato per riprendere la raccolta delle olive; ed era come se Gesù risorto fosse tornato insieme con me dai suoi vecchi amici, per godere, ancora una volta, della loro suggestiva bellezza

Mi è sempre piaciuto stendermi sulla nuda terra per vedere l’azzurro del cielo attraverso i rami frondosi di un albero, eppure l’altro giorno questo semplice gesto mi appariva come nuovo e più suggestivo. Forse le sensazioni che provavo erano favorite dalla pausa di riposo dopo una mattinata intera dedicata a raccogliere le olive, o forse dalla luminosità particolare e dai riflessi d’oro disegnati dal sole autunnale sulle giovani foglie di un antico olivo… sta di fatto che mi trovavo immerso nel contemplare una di quelle meraviglie che il buon Dio ci regala, come un tenerissimo padre, e che rendono meno pesante la fatica quotidiana…



Il momento di relax non durò molto: bisognava alzarsi e riprendere il lavoro; ancora tante olive attendevano di essere raccolte finché vi era la luce del giorno; poi bisognava portarle al frantoio ed infine avremmo potuto vedere sgorgare olio puro dalla loro frantumazione e spremitura… Ma ecco che mia moglie, come per incoraggiarmi, disse: “Puru u Signuri cugghiva a liva!”.
Per un attimo sono rimasto perplesso: ho provato ad immaginare Gesù intento a scuotere o bacchiare i rami di ulivo, per poi raccogliere da terra il prezioso frutto… e mi sono accorto che, in realtà, a questo non avevo mai pensato! Sì, forse perché gli stessi vangeli ci portano piuttosto ad approfondire i momenti della vita pubblica di Gesù, lasciando in ombra gli anni della vita trascorsa a Nazaret, noi finiamo per dimenticare che proprio questi anni costituiscono la gran parte del tempo che il Figlio di Dio incarnato ha voluto condividere con noi. E così, ripercorrendo velocemente le mie conoscenze bibliche, mi sono chiesto se fosse stato possibile che anche Gesù si sia dedicato, almeno qualche volta, alla raccolta delle olive.

In realtà l’ulivo, insieme alla vite e al fico, è una delle piante caratteristiche della Palestina (cfr. Dt 6,11; Am 4,9; Ab 3,17), da esso si ricava un olio eccellente, largamente utilizzato nella cucina orientale (cfr. Es 29,2; Nm 11,8; 1 Re 17,12), oltre che per l’illuminazione (cfr. Es 27,20; 1 Sam 3,3; Mt 25,3) e per la preparazione di unguenti profumati (cfr. 2 Re 20,13; Am 6,6; Gv 12,3). L’olio era pure utilizzato per curare le ferite (cfr. Is 1,6; Lc 10,34) e per le unzioni regali, profetiche e sacerdotali (cfr. 1 Sam 16,13; Is 61,1; Es 30,30). Il legno d’ulivo, per le sue qualità intrinseche, era molto ricercato: anche i cherubini del Tempio di Salomone erano “figli” di questo albero (cfr. 1 Re 6,23). Inoltre, l’ulivo e l’olio nel mondo biblico diventarono ben presto qualcosa di più di ciò che sono in natura, ricevendo un valore aggiunto e trasformandosi in simboli suggestivi di diverse realtà: la pace dopo il diluvio (cfr. Gen 8,11), la stabilità dell’Alleanza (cfr. Rm 11,16-24), la testimonianza profetica (cfr. Ap 11,4), lo splendore del nuovo Israele (cfr. Os 14,7), la fecondità della benedizione (Sal 128,3), la letizia messianica (cfr. Is 61,3), la comunione fraterna (cfr. Sal 133,1-2), lo Spirito Santo (cfr. 2 Cor 1,21), la pienezza del dono di sé (cfr. Mc 14,3-9)…

Se ora, all’interno di un tale contesto ambientale e simbolico, chiediamo ai testi evangelici quale fosse la relazione di Gesù di Nazaret con questo prezioso albero e con i suoi derivati, possiamo fare delle scoperte veramente interessanti.
Per approfondire la questione, la prima domanda è scontata: qual era il mestiere esercitato da Gesù? I vangeli ci dicono chiaramente che era un carpentiere come suo padre (cfr. Mc 6,3 e Mt 13,55). Ora, il termine “carpentiere” (tékton in greco, naggar in aramaico) significa non un semplice falegname, ma anche un operaio e costruttore, che lavorava il legno ed altri materiali duri, come la pietra. Tanto è vero che Gesù userà volentieri nella sua predicazione l’immagine della costruzione di una casa (cfr. Mt 7,24-27). Se dunque già sappiamo che Gesù doveva essere avvezzo sin dall’infanzia a lavorare la durezza del legno d’olivo, per ricavarne i più svariati oggetti, possiamo immaginare anche qualcosa di più?

Certamente sì: non è affatto difficile che il Nazareno, in una regione così ricca di vegetazione, come quella galilaica, potesse dedicarsi anche ad una qualche attività agricola, fra cui la raccolta delle olive, come lavoro integrativo che contribuisse al sostentamento della famiglia: il solo lavoro di carpenteria, infatti, poteva risultare insufficiente in una società con gravi sperequazioni sociali come quella palestinese di allora.

Di fatto, se osserviamo la predicazione di Gesù durante la sua vita pubblica, ci accorgiamo facilmente come egli conosca molto bene i ritmi, le attività ed i segreti della vita agricola: le tecniche di seminagione usate allora (cfr. Mc 4,1-8); lo sviluppo del granello di senapa (cfr. Mc 4,30-32); i segni premonitori dell’estate (cfr. Mt 24,32); la zizzania che infesta un campo di grano (cfr. Mt 13,24); quando viene il tempo della mietitura (cfr. Gv 4,35); le attenzioni di un proprietario terriero verso il suo vigneto (cfr. Mc 12,1); la necessità di assoldare parecchi operai per una vendemmia abbondante (cfr. Mt 20,15)… E solo a partire da un’esperienza maturata negli anni, da una profonda familiarità con il mondo agricolo, possono nascere parabole così semplici e incisive come quelle create da Gesù.
E, più esattamente, riguardo al rapporto di Gesù con l’ulivo e con il suo prezioso frutto, che cosa ci dicono i Vangeli?

L’olio. Nella predicazione di Gesù lo troviamo presente in tre parabole: le dieci vergini (Mt 25,1-13), l’amministratore infedele (Lc 16,1-8), il buon Samaritano (Lc 10,29-37). In quest’ultima parabola Gesù dimostra di saperne valorizzare anche le proprietà curative. Tanto è vero che i suoi discepoli, mandati ad annunciare la Buona Novella, avevano pure il compito di ungere con olio i malati per farli guarire (cfr. Mc 6,13 e Gc 5,14).

Ma c’è di più: Gesù apprezza particolarmente l’olio quando, intriso di essenze preziose, diventa un unguento profumato, come nel caso dell’unzione di Betania (cfr. Mt 26,6-13; Mc 14,3-9; Gv 12,1-8 e Lc 7,36-50). Forse quell’olio profumato sul capo, che scende sulla barba… e sull’orlo della sua veste gli ricorda l’unzione sacerdotale di Aronne (cfr. Sal 133,2 e Es 30,25-30) e già prefigura la sua prossima investitura a Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza (cfr. Eb 5,7-10; 9,11.15)? Questo potrebbe spiegare la solennità che, prima Gesù e poi gli evangelisti, hanno attribuito al gesto d’amore della donna.

L’Ulivo. Tutti ricordiamo la terribile agonia di Gesù nell’orto degli ulivi e perciò siamo abituati a collegare quest’albero alla notte che precede la Sua morte di croce. In realtà, come l’Ultima Cena viene a compimento di tante altre cene vissute insieme ai suoi discepoli, similmente le ultime ore di preghiera di Gesù nell’orto degli ulivi presuppongono una familiarità ed una consuetudine, acquisite da tempo, alla preghiera notturna in compagnia di questo silenzioso ed eloquente amico. Tanto è vero che due tradizioni differenti (quella di Luca e quella di Giovanni), ci segnalano che Gesù “la notte usciva e pernottava all’aperto sul monte degli ulivi” (cfr. Lc 21,37-38 e Gv 8,1): era dunque una sua abitudine pregare (dato che Gesù spesso passava la notte in preghiera - cfr. Lc 6,12; Mc 1,35) in un tale contesto.

E questi fedelissimi amici, che anche nell’agonia del Getsèmani stavano con Gesù e vegliavano insieme con Lui, mentre tutti i suoi discepoli si erano addormentati, che cosa gli avranno “detto”? Ora sarebbe veramente troppo presumere di indagare l’interiorità di Gesù in quei momenti terribili. Certamente, però, l’Uomo di Galilea, che sapeva “vedere” gli uccelli del cielo e i gigli di campi, e “ascoltare” da essi una parola del Padre, in quella notte avrà saputo trarre dagli ulivi dei messaggi profondi e illuminanti anche per lui…


PER APPROFONDIRE: Giornata mondiale degli insegnanti, oltre il registro: cuori che accendono il futuro


Mi piace comunque immaginare che, ad un certo punto, lo sguardo sconvolto di Gesù si sia posato sul frantoio per l’olio (= Getsèmani) da cui il podere stesso ha preso il nome. L’“Uomo dei dolori che ben conosceva il “patire” (cfr. Is 53,3) del frutto dell’ulivo, affinché da esso potesse sgorgare l’olio gioioso, avrà forse trovato in esso come un chiaro segnale della Volontà del Padre?
E così, consegnatosi al frantoio della Passione, il Signore Gesù avrà certamente creduto che dal suo intimo sarebbero sgorgati quei fiumi di olio vivo (cioè lo Spirito Santo) che avrebbero rinnovato il mondo (cfr. Gv 7,37-39; 19,30 – leggi: “consegnò lo Spirito” – e 19,34).

…Mi sono dunque alzato per riprendere la raccolta delle olive; ed era come se Gesù risorto fosse tornato insieme con me dai suoi vecchi amici, per godere, ancora una volta, della loro suggestiva bellezza.

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