
Telefonata Trump-Putin: Politi (Ndcf), “la convergenza russo-americana è ancora più forte”
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“Dalla vendetta al perdono”: è “il capovolgimento dei criteri umani che vediamo nella croce di Cristo. È la trasformazione pasquale della morte in vita, è il superamento evangelico della condanna con il perdono”. Ruota tutto intorno a questo pensiero la Lettera di Quaresima del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, diffusa oggi nella città santa. Per il patriarca la Croce di Cristo è una “parola nuova che può sembrare stoltezza per i potenti e i sapienti di questo mondo e di questi giorni, ma che, proprio sconvolgendo i criteri mondani, è l’unica parola capace di riaprire cammini di speranza e di pace. Il cammino della Croce, la Via Crucis lungo la quale apprendiamo, con fatica ma con gioia, la logica nuova del dono e del perdono, chiede uomini e donne, giovani e anziani, famiglie e bambini disposti a percorrerla rinnovando mentalità e atteggiamenti. Solo così potremo sperare in un futuro di pace”. Da qui l’invito a singoli e comunità, a trovare “spazio e tempo per contemplare la Croce di Cristo, rileggendo e meditando i racconti della Passione, partecipando al pio esercizio della Via Crucis, visitando – per coloro che ne avranno la possibilità – i luoghi segnati dal passaggio del Signore fino al Calvario e al Sepolcro”. Il card. Pizzaballa esorta ad ascoltare “il desiderio, anzi, il grido di riconciliazione che si leva da tante persone e situazioni ferite, umiliate, offese dalla violenza e dal male che ci ha colpiti tutti. Accanto alla devastazione del territorio – ricorda il patriarca – c’è una devastazione del cuore, dei rapporti, delle persone che chiede di essere ricostruita. Noi cristiani, che ci gloriamo della Croce di Cristo, riconciliati con Dio, siamo chiamati a riconciliarci tra noi per poi diffondere, propagare parole, gesti, stili di riconciliazione”. Altro spunto di riflessione offerto dal cardinale riguarda “il digiuno, la preghiera e la carità”. “Non abbiamo paura – ammonisce – di ‘pagare’ con il dono di noi stessi il risorgere di comunità, relazione e rapporti riconciliati e fraterni in mezzo a tanta morte e rancore. Si diventa uomini e donne di riconciliazione e di pace nella misura in cui si è anche disposti a rinunciare – anzi: meglio – a donare pure ciò che ci è dovuto, al nostro stesso diritto, perché l’amore e il perdono risplendano come il nostro stile di vita”. Tornare, allora, “con convinzione e decisione al digiuno, accompagnato da momenti di preghiera in famiglia, e sostenuto da una particolare attenzione ai poveri della nostra comunità. La rinuncia al cibo e a tutto ciò che appesantisce la mente e il cuore, un intenso clima di preghiera e l’attenzione ai poveri, sono il fondamento essenziale del nostro rapporto con Dio e con i fratelli”. “Questo tempo santo – conclude – può davvero diventare giubilare, cioè tempo di consolazione e riconciliazione per questa nostra terra. È vero: la tentazione della rassegnazione è forte di fronte alla fragilità degli equilibri sociali, politici e talvolta anche comunitari, come pure dinanzi alla difficoltà di immaginare un futuro. Noi però vogliamo osare la speranza che è figlia della fede”.
Fonte: AgensirTelefonata Trump-Putin: Politi (Ndcf), “la convergenza russo-americana è ancora più forte”
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