
Vaticano: basilica di San Pietro, domani la cupola spenta dalle 20.30 alle 21.30 per l’Earth Hour
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“Con 1,9 milioni tra bambini e ragazzi italiani che mangiano nelle mense scolastiche serve una svolta salutista, eliminando i cibi ultra-formulati da menu e distributori e privilegiando negli appalti i cibi locali e a km 0 che valorizzano le realtà produttive locali e riducono i troppi passaggi intermedi”. È l’appello lanciato oggi da Coldiretti in occasione della Giornata internazionale della refezione scolastica. A mangiare quotidianamente in mensa – viene spiegato in un comunicato – sono 690mila bambini della scuola dell’infanzia, pari al 55% del totale, mentre sono poco più di un milione quelli tra i 6 e i 10 anni (il 41% degli alunni che frequentano la primaria), secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. A questi vanno aggiunti altri 190mila ragazzi tra scuola secondaria e superiore.
“Le mense scolastiche e pubbliche – rileva Coldiretti – devono essere un luogo per difendere la salute e contrastare i pericoli legati ad una cattiva alimentazione che minacciano le giovani generazioni, dove i cibi ultra-formulati stanno prendendo sempre più spazio, facendo crescere l’allarme nelle famiglie. Basti dire che secondo un recente rapporto Coldiretti/Censis l’82% dei genitori italiani chiede un piano pubblico per salvaguardare la salute dei propri figli, sempre più ‘drogati’ di energy drinks, merendine e simili, una vera e propria dipendenza che crea enormi pericoli per il loro sviluppo e che va fermata con forme di etichettatura sui pericoli ad essi collegati”. “Proprio le scuole devono diventare parte attiva nella concreta diffusione e promozione della dieta mediterranea, togliendo merendine e snack dai distributori”, la tesi di Coldiretti, impegnata in prima fila con il progetto “Educazione alla Campagna Amica”, un percorso educativo che coinvolge oltre mezzo milione di bambini all’anno su tutto il territorio nazionale. “L’obiettivo – conclude l’associazione – è quello di formare dei consumatori consapevoli per valorizzare i fondamenti della dieta mediterranea e ricostruire il legame che unisce i prodotti dell’agricoltura con i cibi consumati ogni giorno e fermare così il consumo del cibo spazzatura che mette a rischio la salute e fa aumentare l’obesità, ma anche il fenomeno dello spreco, ponendone l’accento sugli alti costi etici ed economici”.
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