
Papa Francesco: il rito del velo bianco sul volto
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Il modo in cui il professionista e il paziente comunicano può fare la differenza nel percorso di cura, soprattutto nel mondo della salute mentale. L’applicazione dei principi della mindfulness alla relazione terapeutica permette di entrare in contatto con l’altro con una “piena consapevolezza”, senza giudicarlo, utilizzando un atteggiamento aperto e di autentica comprensione dell’altro: si riconoscono le emozioni e le esperienze dell’interlocutore senza criticarle o minimizzarle, non si etichetta, si considerano le opinioni e le esperienze altrui senza ricorrere a pregiudizi, stereotipi o conclusioni rapide. La mindfulness, insomma, favorisce le interazioni tra operatori e pazienti ed anche quelle tra gli operatori. Fa già parte degli interventi psicologici e l’Irccs San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia la porta nella pratica clinica in psichiatria con un percorso formativo intitolato “Comunicare in modo non giudicante: la mindfulness relazionale nella relazione con l’utente e con l’equipe”, che fa capo a Maria Elena Bertocchi, coordinatrice del Servizio riabilitativo Psichiatria, e Roberta Rossi, psicologa, psicoterapeuta e ricercatrice. “La mindfulness relazionale – raccontano – è anche un’opportunità per supportare gli operatori nel gestire lo stress, promuovendo la consapevolezza e la presenza nel momento, sia con i pazienti che nelle loro interazioni quotidiane. In molte situazioni quotidiane e professionali, le persone tendono a reagire impulsivamente, spesso giudicando o interpretando le intenzioni degli altri senza averne una comprensione piena. Ciò può portare a conflitti, incomprensioni o frustrazioni. Il corso intende favorire una comunicazione più consapevole e empatica, che aiuti a ridurre i conflitti e promuova un dialogo costruttivo, non solo con il paziente ma anche nel gruppo di lavoro”. Il corso è stato progettato per rispondere alla necessità di migliorare la qualità delle interazioni terapeutiche, supportare gli operatori sanitari e promuovere un approccio rispettoso e consapevole nei confronti dei pazienti con una patologia mentale. Attraverso la comunicazione non giudicante i professionisti sanitari creano un ambiente in cui la collaborazione, la fiducia e il benessere psicologico sono al centro, portando a risultati terapeutici migliori e a una cura più umana e integrata. I pazienti si sentono più coinvolti nel processo di cura e sono più propensi a seguire le indicazioni terapeutiche se sentono di essere trattati con rispetto e comprensione. “Gli operatori sanitari affrontano normalmente una serie di ostacoli quando si tratta di comunicare in modo empatico e non giudicante, tra cui la natura del lavoro, la complessità delle dinamiche relazionali e le sfide emotive quotidiane: la pressione per gestire situazioni complesse, le emozioni forti dei pazienti e il carico di lavoro possono far sì che gli operatori si sentano esauriti e meno capaci di ascoltare in modo empatico. In queste condizioni, le risposte possono diventare più automatiche e meno riflessive, riducendo l’efficacia della comunicazione”, commentano le coordinatrici. La consapevolezza emotiva permette agli operatori di “riconoscere le proprie emozioni mentre emergono. Questo significa che possono identificare quando stanno vivendo frustrazione, rabbia, ansia o tristezza e, invece di reagire impulsivamente, possono scegliere consapevolmente di rispondere in modo più calmo e riflessivo”.
Fonte: AgensirPapa Francesco: il rito del velo bianco sul volto
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