Calcio: Amnesty International e altre 20 organizzazioni contro i Mondiali 2034 in Arabia Saudita
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Di allergia alimentare si può morire. Ma per i bambini che ne soffrono oggi c’è una nuova possibilità di cura, un farmaco che riduce il rischio di reazioni al contatto con l’alimento “incriminato” consentendo di recuperare una dieta meno severa e, quindi, una migliore qualità di vita. Il grado di sicurezza del farmaco per le allergie alimentari – un anticorpo monoclonale già utilizzato per l’asma – è stato verificato e confermato da uno studio osservazionale condotto da clinici e ricercatori dell’unità di Allergologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma: dopo 12 mesi di trattamento, oltre il 60% dei piccoli pazienti coinvolti nella ricerca ha potuto adottare un’alimentazione completamente libera, senza restrizioni.
I bambini suscettibili ad alcune categorie di alimenti, generalmente innocui, possono andare incontro a reazioni anche molto gravi: spesso affetti da malattie allergiche come dermatite atopica, rinite allergica e asma, quando entrano in contatto con un alimento per il quale hanno sviluppato anticorpi specifici (IgE) vedono scatenarsi una reazione che coinvolge la via respiratoria (soffocamento e asma), la pelle (gonfiori, orticaria e edema diffuso), la via digestiva (vomito e diarrea) e a volte il sistema soffocamento ed asma cardiovascolare, con ipotensione e shock. Per questi bambini fino a qualche tempo fa le principali strategie di cura erano evitare gli alimenti responsabili o la desensibilizzazione, processo di introduzione pilotata dell’alimento, tramite specifici preparati, per innalzare la soglia di tolleranza. La terza via di trattamento oggi è anche farmacologica attraverso la somministrazione dell’Omalizumab, un anticorpo monoclonale che mantiene innocue le IgE circolanti nell’organismo. Già in uso per l’asma, all’inizio del 2024 è stato approvato dall’Fda americano come primo farmaco per l’allergia alimentare con l’indicazione, tuttavia, di continuare a evitare l’alimento che scatena le reazioni. Un recente studio Usa, pubblicato sul New England Journal of Medicine, aveva documentato la capacità del farmaco di innalzare la soglia di reazione agli alimenti: al Bambino Gesù l’Omalizumab viene utilizzato già da 10 anni come strategia di riduzione del rischio nei bambini con asma grave e allergia agli alimenti.
Lo studio osservazionale condotto da clinici e ricercatori dell’unità di Allergologia del Bambino Gesù, appena pubblicato sulla rivista scientifica Allergy, ha indagato il grado di sicurezza della terapia farmacologica in caso di reintroduzione dell’alimento nella dieta del bambino allergico, confermando che gran parte dei piccoli allergici può tornare a mangiare cibi che prima gli erano preclusi. Dall’osservazione di 65 bambini con asma ed allergia alimentare trattati con Omalizumab per un periodo di 12 mesi è emerso che con il trattamento farmacologico le soglie di reazione all’alimento vengono moltiplicate (per il latte 250 volte, per l’uovo 170 volte, per la nocciola 250 volte, per l’arachide 55 volte) e il numero delle reazioni anafilattiche viene drasticamente ridotto (dai 98 casi registrati nei 12 mesi precedenti il trattamento farmacologico alle 8 reazioni durante il periodo di cura con l’anticorpo monoclonale).
Tra i dati più rilevanti dello studio, quello riguardante l’introduzione nella dieta, in sicurezza e senza manovre di desensibilizzazione, degli alimenti precedentemente evitati.
“Con il trattamento farmacologico tutti i bambini del gruppo hanno potuto smettere di osservare l’etichettatura precauzionale degli alimenti alla ricerca della dicitura ‘potrebbe contenere…’”, spiegano Stefania Arasi, allergologa, prima autrice dello studio, e Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia del Bambino Gesù e coordinatore della ricerca. I dati osservazionali dello studio “dovranno essere replicati in maniera prospettica, ma – concludono – la terza via per una vita migliore per i bambini allergici alimentari è aperta”.
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