
Settimana Santa e Pasqua: su Tv2000 celebrazioni, film e documentari
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Come cogliere segnali di speranza in un mondo sempre più “frammentato”, in cui il “multilateralismo e le grandi istituzioni internazionali appaiono in profonda crisi, impotenti di fronte alle guerre” mentre i singoli Paesi e le società sono sempre più “polarizzate e attraversate da crescenti tensioni”? È il quesito posto al centro del convegno “Generare speranza in un mondo frammentato”, organizzato nell’ambito dell’iniziativa di Ateneo dedicata alla speranza nell’Anno Giubilare dalla facoltà di scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore mercoledì 12 marzo.
Nell’introduzione il preside Andrea Santini ha detto che “tra i classici oggetti di studio delle discipline politiche e sociali rientrano alcuni segni concreti di speranza indicati da Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo, tra cui l’impegno per la pace e la costituzione di nuovi modelli sociali”. “La situazione odierna interpella la diplomazia, come poche volte è successo nell’ultimo secolo”, ha aggiunto Piero Benassi, ambasciatore, già rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea. In questo quadro l’Europa è chiamata a fare “un salto di qualità”, mentre si assiste a una spaccatura dell’Occidente che si riversa anche nella cooperazione internazionale. “Ne è un esempio la decisione degli Stati Uniti di cancellare circa l’80% degli aiuti umanitari”, ha avvertito Fabio Melloni, consigliere tecnico per la cooperazione allo sviluppo e presidente della fondazione Imagine Esg. E se per Riccardo Redaelli, docente di storia e istituzioni dell’Asia, la pace non è semplicemente “assenza di conflitti” e neppure “ricerca di una tregua a tutti i costi”, ma la capacità di “rimuovere le radici stesse del conflitto”. Per Simona Beretta, docente di Politica economica, la “speranza di cui abbiamo bisogno e che fa bene al mondo” deve avere in sé buone dosi di “razionalismo e realismo”. Se la pace ha a che fare anche con condizioni dignitose di vita, ha precisato Beretta, è necessario “ripensare l’architettura finanziaria globale”. A tal proposito, Laura Zanfrini: “Far parlare i migranti significa umanizzarli, interpretare in maniera corretta la diversità e riscoprire i valori delle nostra società, al di là della omogenea rappresentazione su cui queste sono state costruite, cogliendo così il potenziale generativo del pluralismo”. Di qui l’importanza della speranza che il sociologo Mauro Magatti ha definito “la struttura relazionale del vivente”. “La speranza aiuta non solo a pensare ma anche ad agire diversamente”. Magatti conclude: “La speranza non è ottimismo. La speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato”.
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