
Settimana Santa e Pasqua: su Tv2000 celebrazioni, film e documentari
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Passaggio di status giuridico per Alberto Trentini, il cooperante veneziano che da circa quattro mesi si trova agli arresti in Venezuela. Sia per lui che per il colombiano Alejandro Tique, la cui sorte sembra legata a doppio filo a quella dell’italiano, si è passati dalla “sparizione forzata” alla “detenzione arbitraria”. Una detenzione che, con ogni probabilità sta avvenendo nel carcere El Rodeo I, nello Stato di Miranda, alla periferia di Caracas, a circa 30 chilometri della capitale, in una località chiamata Guatire. Le novità sono state diffuse dall’Ansa, che ha citato fonti venezuelane, e dal quotidiano colombiano “El Tiempo”. In questo contesto, prosegue lo sforzo della società civile e delle stesse Nazioni Unite, anche se, a quanto sembra, senza un auspicato raccordo con le autorità di Governo. “Ho partecipato a un incontro di alto livello nell’ufficio blindatissimo dell’Alto Commissionato delle nazioni unite per i diritti umani, a Bogotá – spiega al Sir Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani –. Una dimostrazione del lavoro costante della diplomazia della pace da parte della società civile. Sappiamo, da fonti di Caracas riportate da El Tiempo, che il colombiano cooperante del Consiglio danese per i rifugiati (organizzazione di cui ha fatto parte anche Trentini) Manuel Alejandro Tique Chaves, è attualmente detenuto nel carcere Rodeo I, e, a metà gennaio si è presentato in udienza preliminare davanti ai giudici, accusato dei delitti di “terrorismo, finanziamento al terrorismo, cospirazione e tradizione della patria”.
Secondo Morsolin, “è preoccupante scoprire che la Farnesina non sapeva neppure, dopo circa 4 mesi, dove si trovi con esattezza Alberto. Lo scorso 7 marzo la deputata Pd, Rachele Scarpa aveva detto che il cooperante rimane «sotto la custodia dalla Direzione generale di controspionaggio militare”, e quindi nella prigione di Boleita, nel Distretto della capitale, ma nessuno è riuscito a dimostrarlo. Neppure lo stesso ambasciatore italiano a Caracas, Giovanni Umberto De Vito, che si era recato proprio a Boleita, senza esito positivo, dato che si trattava, in realtà della struttura sbagliata. Di qui la scelta prudente del sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli di non dare un nome a “quella struttura” presso la quale i diplomatici “si sono recati fisicamente”, mentre riferiva in Parlamento, come diffuso da Avvenire. Per i genitori di Alberto, Armanda ed Ezio Trentini è, comunque, un sollievo sapere che il loro figlio non si trova nel super-carcere del Helicoide di Caracas, dove per le violazioni sistematiche dei diritti umani dei detenuti, e da giovedì scorso molti detenuti hanno iniziato uno sciopero della fame. Si è anche saputo che il giorno prima del suo arresto nel novembre 2024, Trentini aveva annunciato alla compagna venezuelana di volersi dimettere dalla Ong francese Humanity & Solidarity. Poi è stato arrestato una volta raggiunto il municipio di Guasdualito, nello Stato di Apure, a ovest del Paese, al confine con la Colombia.
Guasdualito – come altri municipi di confine – è un corridoio per il contrabbando di benzina, traffico di droghe e tratta di persone forte della rotta migratoria che va dal Venezuela alla Colombia”.
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