
Diocesi: Padova, domenica torna la Festa della missione “Missionari di speranza tra le genti”
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Save the Children ha chiesto ad alcuni ragazzi e ragazze tra i 14 e i 20 anni che frequentano i progetti dell’organizzazione di esprimere stati d’animo e valutazioni sul fenomeno della violenza giovanile.
Sebbene molti ragazzi e ragazze non riconoscano immediatamente la violenza come un problema nella loro vita quotidiana, esistono situazioni concrete che meritano attenzione e destano la loro preoccupazione. Alcuni manifestano insicurezza, altri esprimono il bisogno di costruire relazioni umane sane, altri ancora sentono la necessità di figure di riferimento, mentre altri ancora evidenziano l’influenza del gruppo nei comportamenti violenti o l’impatto del bullismo. “Anche se direttamente non ho subito niente di tutto ciò sono preoccupata, perché questi episodi sono sempre più frequenti”, ha detto una ragazza agli operatori di Save the Children. Le fa eco un altro giovane: “Nel nostro territorio questi episodi vedono come protagonisti ragazzini piccoli, soprattutto delle medie, che non ragionano e fanno sciocchezze non giustificabili, tendenzialmente quando sono in gruppo”. Un ragazzo sottolinea che “in alcuni casi il problema [della violenza] è la mancanza di figure di riferimento”, mentre un’altra evidenzia che “le persone [giovani] hanno cose da comunicare, ma non hanno strumenti più civili della violenza per farlo”.
Ma quali sono le soluzioni per arginare la violenza tra gli adolescenti secondo i ragazzi e le ragazze ascoltati da Save the Children? Innanzitutto la consapevolezza: “Non si dovrebbe commettere violenza non per paura della pena, bisognerebbe capire che è sbagliato e basta”, dice un ragazzo. “Credo che le scuole abbiano un ruolo importante, ma di accompagnamento a quello che viene fatto in famiglia. Credo che questo sia un problema risolvibile a monte, solo cambiando l’impostazione educativa”, sottolinea una ragazza, mentre un’altra afferma come “per fermare questi episodi secondo me ci dovrebbe essere un’attività di educazione affettiva all’interno del programma scolastico, che insegni come creare rapporti umani sani”. C’è chi sottolinea che “gli atti violenti legittimano le istituzioni a reprimere, alimentando così la spirale di violenza” e c’è chi incoraggia a “parlare di più di ogni forma di violenza, non solo in presenza, ma anche sui social”, mentre “Le poche volte che sui social ci sono delle campagne vengono fatte solo per avere like”.
“L’unica risposta credo siano prevenzione, educazione ma soprattutto momenti che creino spazi in cui si smontino idee e modalità di azione sbagliate, facendo ragionare e comprendere”, concludono.
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