di Antonio Foderaro - La crisi economica ha colpito il Mezzogiorno in modo ancor più grave del resto del Paese. Il fragile tessuto produttivo delle Regioni meridionali è messo a dura prova, con il rischio concreto di un’ulteriore diffusione dell’economia sommersa e di una più stretta compenetrazione tra criminalità organizzata e attività economiche. È evidente, dunque, che l’obiettivo di promuovere una crescita inclusiva, capace di ridurre le diseguaglianze, incrocia il tema dello sviluppo del Sud. Ma è altrettanto evidente che da tempo stenta a prendere corpo una strategia credibile. Per procedere in questa direzione bisognerebbe anzitutto partire dal Mezzogiorno reale. La globalizzazione comporta vincoli e problemi per i paesi avanzati perché rende più difficili politiche di protezione del lavoro e sistemi di welfare estesi che comportano un’e- levata tassazione. Ma la globalizzazione crea anche nuove domande più esigenti che alimentano opportunità di sviluppo locale per chi sa combinare identità e tradizione con innovazione. Si profila una nuova occasione, specie per un Paese come l’Italia e per il Mezzogiorno, che riguarda la valorizzazione di risorse locali connesse alla storia e alle identità dei territori: i beni culturali e ambientali, per i quali cresce una domanda di turismo culturale; le tradizioni di saper fare locale, legate anche a un ruolo nuovo dei prodotti agricoli e agroindustriali, e le risorse scientifiche e di ricerca, che collegandosi alle tradizioni di saper fare locali possono soddisfare una domanda di beni innovativi più sofisticati e di qualità.
È una novità di queste ultime settimane: la Calabria è nelle condizioni di farsi un nome all’interno dei circuiti turistici che contano lo dice il New York Times. Il prestigioso giornale, nella sezione Travel della sua edizione web, inserisce, infatti, la Calabria tra i 52 posti da visitare nel 2017. In particolare il quotidiano statunitense dedica attenzione alla ristorazione e all’accoglienza della «punta dello Stivale» e consacra la regione come luogo d’Italia dove si possono trovare alcune delle pietanze più interessanti dimenticandosi delle bellezze paesaggistiche e culturali.
Ma ci sorge spontanea una domanda: aldilà degli strombazzati commenti entusiastici di politica e imprenditoria quale operazione di rilancio, oltre le parole, è stata fatta per questa Calabria che vive di piccoli centri e una identità locale forse troppo spesso mortificata?
Le nuove domande creano occasioni di sviluppo questo è innegabile, ma riteniamo che perché queste siano realmente volano di sviluppo le comunità meridionali debbano prendere coscienza, con uno scatto di orgoglio, di uscire da quella mentalità assistenzialistica che lo Stato sabaudo prima, fascista poi e repubblicano adesso, hanno contribuito a creare e che certamente non si scardina in un batter di ciglia, ma ha bisogno di tempo e di stile nuovo che politica e imprenditoria devono mettere in atto in e per questa nostra Regione.
Se vogliamo realmente dare uno sviluppo possibile e credibile questa nostra Regione deve abbandonare la medievale logica del campanile, spesso simbolo di arretratezza e mediocrità, che si scontra con il mondo globalizzato e difendere invece la cultura della centralità dell’uomo patrimonio della terra del Sud.