Avvenire di Calabria

Per l’occasione è intervenuto anche Papa Francesco

A Roma un convegno sull’educazione dei figli adolescenti

L’evento si è svolto presso la Basilica di San Giovanni in Laterano

Giorgio Arconte

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Giorno 19 giugno si è tenuto, presso la presso la Basilica di San Giovanni in Laterano, il convegno pastorale per la diocesi di Roma dal tema “Non lasciamoli soli! Accompagnare i genitori nell’educazione dei figli adolescenti”. Per l’occasione è intervenuto anche papa Francesco con un ricco e importante discorso che ha illuminato i partecipanti su un tema tanto delicato quanto mai attuale districandosi in sei punti. La prima chiave per affrontare l’oggetto del convegno è stata chiamata dal Papa «in romanesco», un modo scherzoso, ma non troppo, di pensare alla tematica «in dialetto». Quando si parla di famiglia e di educazione, soprattutto in una città grande come Roma, i rischi di cadere in un approccio «nominalistico» e semplicistico sono maggiori mentre occorre uno «stimolante realismo. Niente astrazione, niente generalizzazione, niente nominalismo».

È un Bergoglio in versione “strapaesana” quello che parla che però non dimentica di ricordare agli educatori di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo: «Con Lui non abbiate paura di “camminare” per i vostri quartieri, e pensare a come dare impulso a un accompagnamento per i genitori e gli adolescenti. Cioè, in concreto». Il secondo spunto di riflessione è chiamato «connessione» ed è una lucida riflessione sullo stato di salute precaria della nostra società dominato da un relativismo che tende a livellare le diversità mentre papa Francesco ha ricordato ancora una volta che «L’uniformità è un grande nemico», in particolare per l’educazione delle giovani generazioni. Vale la pena citare per intero un estratto centrale di questa parte del discorso: «La situazione attuale a poco a poco sta facendo crescere nella vita di tutti noi, e specialmente nelle nostre famiglie, l’esperienza di sentirci “sradicati”. Si parla di “società liquida” – ed è così – ma oggi mi piacerebbe, in questo contesto, presentarvi il fenomeno crescente della società sradicata. Vale a dire persone, famiglie che a poco a poco vanno perdendo i loro legami, quel tessuto vitale così importante per sentirci parte gli uni degli altri, partecipi con gli altri di un progetto comune. È l’esperienza di sapere che “apparteniamo” ad altri (nel senso più nobile del termine). È importante tenere conto di questo clima di sradicamento, perché a poco a poco passa nei nostri sguardi e specialmente nella vita dei nostri figli. Una cultura sradicata, una famiglia sradicata è una famiglia senza storia, senza memoria, senza radici, appunto. E quando non ci sono radici, qualsiasi vento finisce per trascinarti. Per questo una delle prime cose a cui dobbiamo pensare come genitori, come famiglie, come pastori sono gli scenari dove radicarci, dove generare legami, trovare radici, dove far crescere quella rete vitale che ci permetta di sentirci “casa”. Oggi le reti sociali sembrerebbero offrirci questo spazio di “rete”, di connessione con altri, e anche i nostri figli li fanno sentire parte di un gruppo. Ma il problema che comportano, per la loro stessa virtualità, è che ci lasciano come “per aria” – ho detto “società liquida”; possiamo dire “società gassosa” – e perciò molto “volatili”: “società volatile”. Non c’è peggior alienazione per una persona di sentire che non ha radici, che non appartiene a nessuno. Questo principio è molto importante per accompagnare gli adolescenti».

La Chiesa è modello di unità nella diversità, nei suoi vari carismi radicati nei diversi territori sempre resta ferma l’unione nel bimillenario magistero, nella liturgia e nei sacramenti, in particolare nell’Eucarestia. Il terzo passaggio del Papa è detto «in movimento», ed è un inno all’adolescenza. Bergoglio ci dice che i giovani «cercano in molti modi la “vertigine” che li faccia sentire vivi. Dunque, diamogliela! Stimoliamo tutto quello che li aiuta a trasformare i loro sogni in progetti, e che possano scoprire che tutto il potenziale che hanno è un ponte, un passaggio verso una vocazione (nel senso più ampio e bello della parola). Proponiamo loro mete ampie, grandi sfide e aiutiamoli a realizzarle, a raggiungere le loro mete. Non lasciamoli soli. Perciò, sfidiamoli più di quanto loro ci sfidano. Non lasciamo che la “vertigine” la ricevano da altri, i quali non fanno che mettere a rischio la loro vita: diamogliela noi. Ma la vertigine giusta, che soddisfi questo desiderio di muoversi, di andare avanti».

Il quarto punto affrontato da papa Francesco è titolato «una educazione integrata» perché lega insieme i diversi linguaggi che fondano la persona umana, cioè «un’educazione basata sull’intelletto (la testa), gli affetti (il cuore) e l’agire (le mani)». Quinto passaggio del discorso del successore di Pietro è «si all’adolescenza, no alla competizione», ovvero evitare la tentazione degli adulti di escludere i giovani dai loro percorsi di formazioni: «Questa “emarginazione” può aumentare una tendenza naturale che hanno i ragazzi a isolarsi o a frenare i loro processi di crescita per mancanza di confronto. C’è la competizione, ma non il confronto». L’ultimo punto affrontato da papa Francesco, «la golosità spirituale», è un invito a rigettare la cultura consumistica che pervade le nostre società.

Ci dice Bergoglio in conclusione del suo discorso che «Educare all’austerità è una ricchezza incomparabile. Risveglia l’ingegno e la creatività, genera possibilità per l’immaginazione e specialmente apre al lavoro in équipe, in solidarietà. Apre agli altri. Esiste una specie di “golosità spirituale”. Quell’atteggiamento dei golosi che, invece di mangiare, divorano tutto ciò che li circonda (sembrano ingozzarsi mangiando). Credo che ci faccia bene educarci meglio, come famiglia, in questa “golosità” e dare spazio all’austerità come via per incontrarsi, gettare ponti, aprire spazi, crescere con gli altri e per gli altri. Questo lo può fare solo chi sa essere austero; altrimenti è un semplice “goloso”».

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