Avvenire di Calabria

I due giovani sono sbarcati in Italia nell'estate del 2013

Abdou e Salihu, il sogno di un’accademia culinaria in Africa

Federico Minniti

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Un'accademia di cucina in Africa. Questo è il sogno di Abdou e Salihu, due giovani del Gambia e del Senegal, sbarcati in Italia nel 2013 e da quattro anni apprendisti cuochi nel ristorante di Filippo Cogliandro a Reggio Calabria.
Tutto nasce da un corso di cucina presso un centro di accoglienza. A partecipare ci sono loro: Abdou e Saliu, due migranti, all'epoca minori non accompagnati, e uno tra i più rinomati chef calabresi. Assieme ad un'indiscussa professionalità, la storia di Filippo è caratterizzata da una strenua resistenza per i valori della legalità e dell'uguaglianza. Tutto parte negli anni '80: Mimmo Cogliandro, padre del cuoco, è un imprenditore nel settore dei carburanti. Uno da cui drenare denaro secondo le logiche del racket mafioso. «Prima c'erano le richieste bonarie, poi le rapine», ci dice Filippo, «fin quando mio padre, stanco, decide di denunciare i suoi estorsori. Una scelta che gli costò la gambizzazione». Un conto, quello aperto tra la famiglia Cogliandro e le locali cosche di 'ndrangheta di Lazzaro, località nel basso jonio reggino, che si ripercuoterà anche sul ristorante del giovane cuoco.
«Nel 2008 si presentarono da me per chiedermi il pizzo, il giorno dopo denunciai tutto alla Procura della Repubblica»: fu il primo caso, a Reggio Calabria, in cui un imprenditore fece nomi e cognomi dei suoi aguzzini prima ancora di pagare. «Lo ammetto: ho dovuto raccontare la mia storia per evitare l'isolamento – spiega lo chef – ma l'ho voluto fare attraverso la cucina e l'uso delle materie prima del territorio calabrese». Reggio, infatti, «non è 'ndrangheta», afferma, scrutando lo splendido affaccio del suo nuovo ristorante sul chilometro più bello di Italia. Reggio e la Calabria sono anche valori, tra cui l'accoglienza. Se nella sua famiglia natia, Filippo Cogliandro ha ricevuto un'educazione al lavoro, nella sua casa - ristorante ha voluto dare un'opportunità a due giovani migranti. «È stato straordinario sentirmi dire da loro: “Insegnaci un mestiere”».
Una restituzione di dignità, ma anche un arricchimento per tutta la cucina di Cogliandro. «Oggi – conferma lo chef - i due ragazzi stanno iniziando ad elaborare i loro primi piatti: è entusiasmante vedere come riescano a creare una commistione di gusti tra le diverse tradizioni culinarie». Un lavoro vero, probante, ma anche gratificante. Da subito Abdou e Salihu hanno avuto un loro contratto di apprendistato retribuito nel pieno rispetto delle regole: una scommessa oltre le “frasi fatte”.
Proprio quest'anno, nel 2017, sono tornati nei loro paesi di origine per riabbracciare le loro famiglie. Hanno comprato dei terreni, lì sorgerà la loro casa. Ma la mente, ci confida Abdou, è al loro ristorante-accademia in Gambia che possa ripercorrere la loro esperienza italiana per formare professionalmente anche i giovani africani sul loro territorio. «In tanti mi hanno criticato – confida Filippo – mi chiedevano: “Perché non dai lavoro agli italiani?”». Una domanda provocatoria a cui Cogliandro ha sempre risposto con semplicità: «In realtà ho voluto solo essere uno “strumento”», afferma. Cresciuto in parrocchia, aveva anche intrapreso il cammino del seminario.
Una vocazione che ha trovato compimento tra i fornelli e che adesso, grazie ad Abdou e Salihu, potrebbe dare frutti insperati in un vero e proprio ponte culturale tra la Calabria e l'Africa.

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