Avvenire di Calabria

Negli ultimi dodici mesi si è assistito ad una nuova ondata di sbarchi in particolare dal nord Africa, la più alta degli ultimi due anni

Accoglienza, il bilancio del 2023: un anno molto difficile

Nonostante i numeri inferiori all'emergenza registrata tra il 2014 e il 2016, la situazione è diventata difficile da gestire

di Redazione Web

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Negli ultimi mesi si è tornati a parlare molto di migranti. I numeri dell'anno appena concluso sono importanti. Sono state quasi 160mila le persone arrivate sulle coste italiane. Numeri più alti dell'ultimo biennio, ma non della stessa portata degli "sbarchi record" registrata nel periodo compreso tra il 2014 e il 2016, quando gli ingressi in Italia furono superiori.

I dati, tuttavia, restituiscono un fenomeno certamente in crescita, mentre il sistema di accoglienza sta ancora attraversando una fase di transizione per via di una nuova riforma (la terza in 5 anni), che per l’ennesima volta non sembra voler affrontare il tema in modo strutturale. Attraverso la testimonianza di chi, in prima fila è impegnato nel settore dell'accoglienza, cerchiamo di capire qual è oggi la reale situazione.

La nuova ondata migratoria crea difficoltà al sistema dell'accoglienza

Da quando, all’inizio dell’anno, una nuova ondata migratoria ha investito le coste italiane, con un picco delle partenze da una Tunisia recentemente destabilizzata e che l’Europa e l’Italia sembrano voler “libificare”, le navi della Guardia costiera e le motovedette della Guardia di Finanza hanno ripreso a smistare nei porti del Sud Italia le persone in movimento attraverso il mare.


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Se quando sono in pericolo nel Mediterraneo si chiamano naufraghi, arrivati a terra riacquistano gli status legali che più si confanno alla loro storia personale e alla loro provenienza: migranti, rifugiati, richiedenti asilo. In nessun momento, però, smettono di essere umani. Lo sa bene Bruna Mangiola, tra le anime del Coordinamento diocesano sbarchi che, dal 2013 grazie all’appoggio e alla presenza di oltre 200 volontari, assiste le procedure di sbarco coordinate dalle autorità nel porto di Reggio. Certo, l’aria politica, dal 2013 ad oggi è enormemente cambiata, deteriorandosi.

«È un momento particolarmente difficile - conferma Bruna Mangiola - molte cose sono cambiate da quando siamo nati come Coordinamento ben 10 anni fa. È cambiata la politica, sono cambiati gli indirizzi forniti dai ministeri agli enti di governo locale come la Prefettura, e questo ha delle conseguenze».


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«Ora - confessa la volontaria - è un po’ più difficile, noi siamo comunque presenti dove c’è necessità al porto e cerchiamo di accompagnare tutti, specialmente i ragazzi più giovani che, purtroppo, poi vengono alloggiati in strutture non troppo idonee come la palestra di Gallico, dalla quale scappano, andando spesso a finire per strada, magari cercando di rimettersi in viaggio per proseguire la propria avventura verso i Paesi del Nord Europa. A noi volontari fa male il cuore vedendoli “buttati” in un giardinetto fuori dalla stazione, magari in attesa di un treno, quando potrebbero essere integrati come accadeva anni fa».

«Lo sbarco in sè continua Bruna Mangiola - è sempre un momento toccante, ci dà occasione di accogliere questa umanità sofferente, di toccare con mano queste ferite e cercare di lenirle. Agli ultimi sbarchi è capitato che arrivassero ragazzi, minori nudi e adulti scalzi: noi ci siamo tolti giubbotti e calze per darli a loro, cerchiamo umilmente di svolgere un servizio a tutto tondo, pieno. Molte di queste persone hanno diritto alla protezione internazionale e scappano perché non c’è alternativa. E noi invece paghiamo i dittatori per tenerli in trappola».

Una situazione diversa rispetto ad alcuni anni fa

Una situazione molto diversa da quella di anni fa, quando le persone venivano accolte e integrate. Come capitò a Moussa Cissokho, 22 anni che è ormai reggino, anzi «Cannavociano», come dice lui.


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Almeno, lo è dal 2017, anno in cui, dopo aver attraversato il mare, arrivò al Porto di Reggio dove adesso vive, lavora, studia e ha una compagna. Originario del Senegal, non beneficia della protezione internazionale, ma ha viaggiato e conosciuto tante persone che ne avevano diritto e soprattutto ha potuto godere del sistema dell’accoglienza diffusa, poi smantellato dall’ex ministro degli Interni Salvini, che grazie alla generosità di chi lo ha accolto a Cannavò gli ha permesso di integrarsi perfettamente nella società reggina.

«Io ho avuto la fortuna di avere persone che si sono prese cura di me sottolinea - e mi hanno permesso di integrarmi. Io non sono un rifugiato, non sono scappato da una guerra. Sono partito per avere più opportunità, per avere il diritto allo studio. Se sono dovuto andare via io, figuriamoci chi scappa da una guerra o una persecuzione. Penso che sia un diritto umano e non va compresso».

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