Avvenire di Calabria

Anoressia e bulimia: Sinu, in Italia 1 persona su tre, 7 casi su 10 adolescenti. Pisciotta, “necessaria rete di prevenzione e protezione condivisa”

di Redazione Web

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Una persona su 5 nel mondo e una su 3 in Italia soffre di Disturbi dell’alimentazione e della nutrizione (Dan), e in 7 casi su 10 si tratta di adolescenti. Non si tratta semplicemente di abitudini scorrette legate al cibo, ma di disturbi di natura psichiatrica con un’alta frequenza di complicanze mediche, che possono portare anche alla morte. Per questo richiedono un trattamento specifico e la collaborazione tra diverse figure professionali, che si occupino in modo integrato di questi diversi aspetti, psicologico-psichiatrici, nutrizionali e medico-internistici. Lo afferma, in occasione della Giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare, che ricorre il 15 marzo, la Società italiana di nutrizione umana (Sinu), secondo la quale “prevenire questa malattia, che riguarda moltissimi pazienti e sconvolge le loro famiglie, informando tutti coloro che possono essere coinvolti, è il primo passo da compiere”. A questo fine, il Gruppo di lavoro Sinu – Education, coordinato da Matilde Borriello, ha dedicato diversi progetti mirati alla formazione degli insegnanti e alla diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado dei documenti di riferimento come i Larn, formulati dalla Società scientifica, organizzando attività di divulgazione, formazione e aggiornamento.
“I disturbi del comportamento alimentare sono una patologia complessa – afferma Livia Pisciotta, membro del Consiglio direttivo Sinu -. Sono classificati come malattia psichiatrica per cui devono essere diagnosticati prioritariamente dallo psichiatra e trattati da equipe multidisciplinari, in quanto comportano come conseguenze patologie importanti, che possono compromettere seriamente la salute di tutti gli organi” e “nei casi gravi, portare alla morte. Una volta identificato il problema è indispensabile, quindi, un approccio multidisciplinare ed integrato e garantire la continuità delle cure, che possono durare anni o anche tutta la vita”. Insufficienti per rispondere alla domanda i 126 Centri dedicati alla cura dei Dan, censiti dal ministero della Salute. Dobbiamo continuare a costruire una rete di prevenzione e protezione, che coinvolga le diverse figure professionali sanitarie”, le “associazioni dei pazienti e delle famiglie”, le scuole, le società sportive, i gruppi di aggregazione dei giovani. “Un percorso comune e condiviso, che va dall’informazione alla diagnosi precoce e alla cura, in base alla gravità del quadro clinico, in settings sempre più complessi, dall’ambulatorio al ricovero ospedaliero, fino alla terapia intensiva”, conclude Pisciotta.

Fonte: Agensir

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