
Ventinove anni fa il sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Don Ennio Stamile, portavoce dell’associazione “Libera” in Calabria ricorda il 23 maggio. Il sacerdote rilegge l’attentato di Capaci alla luce dei processi postumi dove emerge l’accordo tra boss e uomini corrotti dello Stato. Di quel giorno resta «l’amarezza di ciò che è emerso sia dal primo grado di giudizio di due importanti processi (“Trattativa Stato-mafia” e “Ndrangheta stragista”): da una parte c’erano magistrati e forze dell’ordine ligi al dovere che saltavano in aria. Dall’altra apparati dello Stato e politici che trattavano con la mafia», prosegue Stamile «questo unito alla consapevolezza del valore irrinunciabile della testimonianza-profezia che “vince perdendo”. Falcone, Borsellino, Livatino, Scopelliti e tanti altri hanno vinto perdendo perché le idee e valori di chi davvero è profeta non solo non si possono arrestare in alcun modo, ma fanno emerge le trame violente e collusive del malaffare». E sulle associazioni antimafia, il referente di Libera in Calabria precisa: «Il pericolo che l’antimafia, e non solo essa, assuma atteggiamenti tipicamente mafiosi è sempre latente».
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