Avvenire di Calabria

Era latitante dal 2011 dopo essere evaso dagli arresti domiciliari in ospedale

Arrestato Antonio Pelle, «la mamma» della ‘ndrangheta

Il covo in un bunker tra la stanza da letto ed il bagno di casa sua

Federico Minniti

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Lo hanno trovato in un rifugio ricavato tra la stanza da letto ed il bagno, Antonio Pelle, ritenuto uno dei cento latitanti più pericolosi di Italia, e tratto in arresto dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria. Veniva servito e riverito, proprio come si fa nel codice di 'ndrangheta, ad un boss. Passava le sue giornata a casa con la moglie, Teresa Vottari, nascondendosi in un anfratto piccolissimo quando solo qualcuno in paese gli «spifferava» che c'erano le «guardie». Era in un bunker in contrada Ricciolio di San Luca (Reggio Calabria) a pochi chilometri da contrada Bosco Sant'Ippolito di Bovalino, lo stesso borgo dove Suor Carolina Iavazzo è giunta da Palermo dopo l'omicidio di don Pino Puglisi di cui era la più stretta collaboratrice. Un germe di speranza e legalità, a pochi metri dall'ultima tana di Antonio Pelle, detto “la mamma”, considerato uno dei capi dei Vancheddi, i Pelle, del cartello criminale con i Vottari - Romeo contrapposti ai Nirta – Strangio, tutti originari di San Luca, piccolo centro nel cuore dell'Aspromonte, che allunga le sue propaggini criminali in tutto il mondo grazie al business della droga. “La mamma” era malata ed aveva bisogno di cure, così il codazzo dei sodali si prodigava ad immunizzare il suo nascondiglio. Ricciolio è una contrada che si estende per 10 km. Già nel 2008 furono trovati tre nascondigli nel covo dei Pelle. Il 24 marzo 2015, poco distante da dove è stato arrestato, è stato sequestrato un altro bunker sotterraneo, durante un'operazione legata proprio all'arresto del super latitante. È plausibile che l'abitazione, in cui nel ripostiglio si nascondeva Pelle, fosse una di quelle richiamata dall'ordinanza di custodia cautelare del 28 maggio 2012, in cui si legge come «i Pelle risiedevano storicamente all’interno di uno stabile, in cui erano site le abitazioni di tutti i nuclei familiari, posto sotto sequestro». Era a casa, in un'intercapedine così stretta da sembrare una cassetta di sicurezza. Era dimagrito, Pelle, per via della presunta anoressia che gli permise di evadere già una volta alle patrie galere. Uno 'ndranghetista di cinquantaquattro anni, avvezzo alle tradizioni da latitante ed alle fughe proprie della mafia arcaica. Antonio Pelle è ritenuto al vertice della sua cosca, di certo uno dei componenti della super cupola provinciale. È lo stesso uomo che Giovanni Strangio, titolare del ristorante “Da Bruno” a Duisburg, chiamò subito dopo l'eccidio in Germania. Era lui, “la mamma” da avvisare: «Sono tutti morti». Una faida, quella di San Luca con i Nirta, che dal 1991 condiziona gli equilibri del narcotraffico internazionale. Venticinque anni in guerra, uno contro l'altro, in un escalation di atti criminali spaventosa. Non solo Duisburg, Pelle, infatti, è il capo del commando armato di un'altra tra le pagine più violente scritte dalle 'ndrine della Locride, ossia la strage di Natale in cui perse la vita anche una donna, Maria Strangio, moglie del boss Gianluca Nirta. Subito dopo i fatti di Duisburg nel 2008 fu tratto in arresto in un altro bunker iper-tecnologico in un capannone in costruzione nelle campagne di Ardore Marina. Pelle è stato già condannato in via definitiva a vent'anni di reclusione, ma si è reso protagonista di un'incredibile fuga dall'Ospedale di Locri. Siamo nel 2011, “la mamma” non è un detenuto qualsiasi eppure non è piantonato quando è ricoverato. Finge l'anoressia – si scoprirà - al punto dall'essere ricoverato presso il nosocomio locrese. Finge per fuggire, Pelle, e ci riesce. Per cinque anni sarà una primula rossa per le forze di polizia, seppur – sempre come da tradizione – non si muoverà mai da casa sua. Quel «Bosco» che gli uomini di Francesco Rattà, capo della Squadra Mobile di Reggio Calabria hanno setacciato, fino a tornare nella sua dimora. Cinquanta gli uomini impegnati in una ricerca, tra le sue stanze, di diverse ore. Fino alla consegna. «Non ha opposto resistenza», spiega Rattà. Il suo regno, di 2 metri quadrati, retto da una fittissima rete di connivenze, in cui “la mamma” «malata» poteva godersi una riabilitazione indisturbato, fino all'arrivo della Squadra Mobile di ieri notte e quella resa, manette ai polsi, nella stanza da letto del suo domicilio.

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