Avvenire di Calabria

Il professore Daniele Castrizio offre il suo punto di vista sullo stato in cui versa la cultura reggina, soffermandosi sulla nuova Opera di Edoardo Tresoldi

Arte e archeologia, uno sguardo sulla Metropoli

Daniele Castrizio *

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Sono arrabbiato, amici: ve lo confesso. Sono molto arrabbiato per l’ignoranza che attanaglia questa povera Città metropolitana. Dopo la disfatta del Covid–19, vera Caporetto della società reggina, nell’ansia compulsiva di fare ripartire le attività produttive, di dare priorità a Mammona, l’unica cosa che non è ripartita è stata la cultura, intesa come produzione e come creatività. Già da tempo, invero, la cultura era stata distrutta grazie alla folle idea di eventi culturali realizzati a costo zero, con assessorati alla cultura con pochi fondi, che hanno prodotto due conseguenze fatali: rendere senza valore le produzioni culturali, che dovrebbero essere, invece, uno dei principali motori economici della Metropoli; fare fuggire a gambe levate i professionisti del settore, che non possono vivere di aria, contentandosi di orchestre e orchestrine (concezione feudale della cultura come mero intrattenimento). In questo disastro, lo Stato ha fornito il suo prezioso contributo, rendendo sempre meno operative le soprintendenze. Voglio essere chiaro: dopo un trentennio di improvvisazioni, personalismi e autoritarismi, il personale attuale è culturalmente adeguato e di ottimo livello, ma, se non è dotato di mezzi per operare, grazie al solito ritornello di «non ci sono risorse», stiamo facendo il gioco della ‘ndrangheta, che prospera anche grazie ai tombaroli, lasciati liberi di operare. Del resto, aspettiamo ancora lo scavo a piazza Stazione, la prospezione a Calamizzi per il tempio (posto che sia rimasto qualcosa dopo i saccheggi), quella davanti alla Via marina, per accertare le dimensioni del porto di Rhegion. Di più: dovremmo smetterla con gli interventi archeologici «di emergenza» (lo dico da solo trent’anni) e iniziare una campagna mirata di prospezioni e survey di superficie per l’intera Città metropolitana, valorizzando tutti i siti e i musei con una nuova narrazione didattica, al passo con i tempi. Nel diluvio, però, una luce è brillata, con la realizzazione di Opera, del Maestro Tresoldi. Se per tutto il resto sono arrabbiato, come vi confessavo, su questa faccenda sono furente. Al netto delle pratiche amministrative relative, che non conosco, continuo ancora a vedere su quella fogna che sono i social attacchi idioti e finte perizie, degni di un borgo isolato, di una Reggio provinciale e asfittica che molti vorrebbero mantenere: la Reggio dei privilegiati e delle masse lasciate all’anarchia bestiale della legge della giungla. Non ci sto, perché Tresoldi è un artista di caratura internazionale, e perché l’dea di un tempio virtuale fa rivivere con forza la grecità di Reggio, fa balenare alle masse con macchine gonfiate per sentirsi più importanti (vedi la favola della rana, del bue e del Suv), all’eterna ricerca delle frittole che non saziano mai, l’idea di una storia, di una dignità, di una bellezza che, nonostante tutto il male che abbiamo fatto, Reggio non ha ancora perduto. Un tempio alla Rhegion che verrà.

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