Avvenire di Calabria

Ascoltare è un atto di cura che riconosce la sofferenza e restituisce dignità alla vita

Nasce da queste necessità la voglia di celebrare, tutti e tutte insieme, la voce umana dedicandole una giornata celebrativa

di Valeria Nucera*

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La voce, intesa simbolicamente come possibilità di prendere posizione e di occupare dignitosamente il proprio spazio nel mondo

L’esigenza di condividere e comunicare ha avuto un ruolo centrale in tutte le società della storia. Nasce da queste necessità la voglia di celebrare, tutti e tutte insieme, la voce umana dedicandole una giornata celebrativa. Perché è psicologicamente importante ricordarsi di possedere una voce e, soprattutto, tenere ben presente l’essenzialità di prendersene cura? Lo lascio spiegare al mio focus tematico: la violenza di genere, che reputo più essenziale di altri per mostrare come la voce diventa strumento psicologico dal valore inestimabile.



Essa nasce a partire da molteplici cause, molte delle quali di natura socioculturale. Tra i tanti modi disfunzionali in cui la voce può essere trattata, troviamo quei frangenti in cui l’umanità ha deciso di usare parole che contribuiscono a uccidere (la cronaca dimostra non essere un’esagerazione), dicendo alle ragazze «state zitte, subite, costringetevi a essere le brave bambine immobili nell’angolo».

Il vostro istinto fiuta paura e allarme? Spegnete la vostra voce, perché neanche con le prove evidenti potete permettervi di infangare l’onore di un uomo, figuriamoci solo con il dubbio! Ecco una situazione allarmante in cui avere una voce diventa essenziale e subentra un compagno senza cui essa non potrebbe esistere, cioè l’ascolto, in cui la voce rivela la sua essenza strettamente legata all’aspetto relazionale: una voce è nulla senza qualcuno o qualcuna che abbia il coraggio di esprimere significati e se non trova persone pronte ad ascoltarla.

La voce è luce quando la si alimenta concedendole l’ascolto, diventa strumento potente e salvifico nel momento in cui si trasforma in significati ascoltati, recepiti, assimilati, rielaborati e trasformati in azioni concrete. Io che sono carnefice che voce devo ascoltare? La voce della colpa, del pentimento, della riparazione. Io che sono vittima? Devo ascoltare la voce della consapevolezza, della speranza, della fede, della salvezza, di chi mi vuole aiutare. E io che non sono né carnefice né vittima? Devo imparare inizialmente a tacere, ascoltando la voce del non giudizio, le richieste di aiuto e il senso di giustizia che mi impone poi di espormi e usare le mie parole per porgere la mano a tutte le Sara, Ilaria, Laura, Tilde, Ruslana, Cinzia, Sabrina, Eleonora… Voci spezzate troppo presto e senza alcuna scusante che tenga.


PER APPROFONDIRE: Il libro: “Là dove termina la notte”, l’ultima fatica di Angelo Palmieri


Voci che, in questa giornata così importante, possiamo continuare ad ascoltare solo se ci allontaniamo da qualsiasi frenesia e accogliamo questo silenzio assordante che ha una voce che sbraita, si ribella e chiede di non essere più tenuta in catene. La voce, intesa simbolicamente come possibilità di prendere posizione e di occupare dignitosamente il proprio spazio nel mondo, rappresenta la possibilità di affermazione, di difesa, di denuncia e di prevenzione. La voce può essere tutto e lo diventa appena trova ascolto. La voce è vita e non c’è giornata migliore di oggi per iniziare ad ascoltarla.

*psicologa

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