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L’Autonomia differenziata ancora al centro del dibattito politico, dopo la recente decisione della Corte costituzionale che aveva considerate «illegittime» alcune specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo.
Intanto, è notizia di questi giorni, la Cassazione ha dato il via libera al referendum per l'abrogazione della legge "Calderoli". Il che ha sollevato ancora una volta un'acceso confronto tra sostenitori e oppositori a questa riforma del titolo V della Costituzione.
Sul tema dell'Autonomia differenziata, alla luce degli ultimi sviluppi che ne condizionano l'iter, abbiamo raccolto le voci di due senatori reggini: Tilde Minasi della Lega e Nicola Irto del Partito democratico.
La recente sentenza della Corte Costituzionale rimette in discussione l’iter parlamentare sull’autonomia differenziata. Tilde Minasi, senatrice calabrese della Lega, spiega come questa riforma possa essere un’opportunità per il Sud.
Certo! La riforma è una grande opportunità e non un fattore di divisione. Responsabilizza le Regioni, che dovranno gestire meglio le risorse e sviluppare politiche più vicine alle esigenze locali. La Lega, con Matteo Salvini, è certa del fatto che l’autonomia differenziata rafforzerà l’Italia, riducendo la burocrazia e migliorando i servizi, anche nelle aree più svantaggiate, avvicinando le Istituzioni ai cittadini. E lo farà valorizzando le differenze tra le Regioni, da vedere come risorsa che può diventare ricchezza se usata bene. La Calabria, ad es., potrebbe sfruttare al meglio le proprie peculiarità territoriali, culturali ed economiche.
La sentenza della Corte rafforza la trasparenza nel processo decisionale. Il coinvolgimento del Parlamento nella determinazione dei Livelli Essenziali di Prestazione è una garanzia per tutto il Paese. La Consulta conferma la necessità di un percorso legislativo partecipato, che tenga conto delle esigenze di tutte le Regioni e la Lega considera questa indicazione come un’opportunità per consolidare la riforma, garantendo che i LEP siano equi e realmente applicabili su tutto il territorio nazionale. Con standard uniformi nei servizi essenziali, come sanità, istruzione e trasporti, possiamo assicurare che l’autonomia differenziata diventi uno strumento di coesione e sviluppo per tutte le aree del Paese.
I timori sono comprensibili, se non sono ideologici, ma la riforma offre gli strumenti per superarli e vincere la sfida. È fondamentale, ad esempio, definire chiaramente i LEP e un sistema di perequazione solido, che garantisca risorse adeguate anche alle Regioni più povere. Il Sud non deve sentirsi escluso, ma protagonista di questa trasformazione. Come dicevo, infatti, l’autonomia differenziata può ridurre le inefficienze e incentivare lo sviluppo locale, offrendo a tutte le Regioni, Calabria inclusa, gli strumenti per crescere in modo autonomo e sostenibile. L’importante è monitorarne l’attuazione, per evitare disparità e promuovere uno sviluppo equilibrato.
Guardi, è stato proprio il regionalismo ordinario a creare il gap Nord-Sud, ha fallito perché ha trattato uniformemente Regioni tra loro diverse, che necessitano interventi differenziati. Paradossalmente, quindi, la riforma, più che il Nord può aiutare proprio il Sud, ricchissimo di risorse, tipicità, potenzialità che finalmente potranno essere messe a frutto con politiche strutturate sulle proprie esigenze, caratteristiche e necessità e accrescendo l’efficienza. E’ così che si può aiutare la crescita di tutto il Paese.
Gestendo in autonomia le proprie risorse, la Calabria potrebbe investire in infrastrutture, formazione, digitalizzazione, rafforzando settori chiave come sanità, trasporti e istruzione e sfruttando al meglio le sue unicità naturalistiche, storiche, enogastronomiche, energetiche. Certo, come dice Salvini bisogna superare il criterio della spesa storica, che ci penalizza perpetuando squilibri e limitando le possibilità, e introdurre i fabbisogni standard, principio cardine della Lega, che consentirebbero invece un’allocazione di risorse in base alle reali necessità dei territori, assicurando equità e trasparenza. Come Senatrice dle territorio, mi impegno a verificare che la riforma tenga conto delle nostre esigenze e sia un modello di sviluppo equilibrato per tutti.
«Bocciato il nucleo fondante della riforma Calderoli». Il senatore calabrese del Partito Democratico, Nicola Irto, offre la sua chiave di lettura sulla recente sentenza della Corte costituzionale sull’autonomia differenziata, evidenziandone i rischi per l’unità del Paese.
La Corte costituzionale ha bocciato la riforma nel suo nucleo fondamentale, mettendo in evidenza i rischi di spaccatura per il Paese e l’attacco incomprensibile alla sua unità e al principio di solidarietà nazionale. Davanti a una pronuncia così pesante, il ministro Calderoli dovrebbe dimettersi e il centrodestra dovrebbe solo prendere atto della sentenza e abbandonare definitivamente una legge nata male fin dall’inizio che non porta alcun beneficio al Paese. Ciò anche perché l’autonomia differenziata non rappresenta una priorità per i cittadini, che sempre più spesso hanno problemi economici e di assistenza sanitaria. Il tema è allora opposto: bisogna colmare i divari di servizi e diritti che separano il Sud dal Nord, non aumentarli. Ed è di questo che il governo si deve occupare, che il Parlamento deve discutere.
I rischi concreti sarebbero quelli di creare sistemi tutti diversi, uno per ogni Regione, in settori nevralgici come la Protezione civile, che appartiene alle materie non Lep. Se a ciò aggiunge che nel progetto originario anche il finanziamento dei Lep era sottratto al Parlamento, si capisce quanto fosse “separatista” o “secessionista” l’idea della Lega. La Consulta ha cassato, nella sua interpretazione costituzionalmente orientata, la distinzione fra materie Lep e non Lep, facendo letteralmente implodere il progetto del centrodestra e mettendo in rilievo tutti gli errori e i rischi che, come Pd, avevamo evidenziato fin dal primo momento.
È bene ribadire che il ruolo centrale del Parlamento non avrebbe mai dovuto essere messo in discussione, perché è la Costituzione stessa che lo sancisce e la Consulta lo ha riaffermato ancora una volta. I Lep devono essere garantiti a ogni cittadino italiano, a prescindere dal suo luogo di nascita. Il che vuol dire che devono essere sganciati da principî superati come quello della spesa storica e con interventi ispirati al riequilibrio delle opportunità. Soltanto un Paese unito potrà essere realmente competitivo e affrontare le difficili sfide che ci attendono.
Occhiuto ha soltanto provato a prendere in giro i calabresi che, però, lo hanno ben capito. Lui e il suo partito hanno avallato l’autonomia in ogni sede di votazione per poi far trapelare, tramite la stampa, delle perplessità di facciata, volte esclusivamente a tenere buono l’elettorato regionale. Mai per un istante Occhiuto ha pensato di fare gli interessi dei calabresi proponendo un ricorso, sostenendo il referendum o, in ogni caso, assumendo una posizione contraria in maniera chiara. Su queste basi non possono esserci margini di confronto. Servono trasparenza, coerenza e autorevolezza per essere rispettati anche a Roma e per intraprendere battaglie fondamentali per la regione, come quelle per sanità pubblica, trasporti e lavoro.
Il centrodestra al governo ha dimostrato tutti i suoi limiti. Un cartello elettorale costruito con forze politiche che non hanno obiettivi comuni e hanno cercato soltanto scambi strumentali sulla pelle dei cittadini. Alla Lega l’autonomia, a Fi la riforma della giustizia e a Fdi il premierato. Un modo di procedere inconcepibile che ha calpestato tutte le priorità degli italiani, che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. La distanza tra il governo e i cittadini è emersa in maniera evidente con lo sciopero nazionale dello scorso 29 novembre. In cima all’agenda dovrebbero esserci salario, sanità, trasporti e infrastrutture. Ma questo governo è interessato solo agli equilibri di palazzo, per tenere salde le poltrone.
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