«La credibilità di un sistema sanitario non si misura solo per l’efficienza, ma soprattutto per l’attenzione e l’amore verso le persone, la cui vita sempre è sacra e inviolabile».
Le parole di papa Francesco fanno riflettere su cosa e come dovrebbe essere la sanità e - di conseguenza – su quale sia, oggi, il sistema sanitario in Italia. Il nostro Servizio Sanitario Nazionale nei suoi principi fondanti è apprezzato, specie nel suo intento di assicurare un’assistenza sanitaria adeguata a tutti i cittadini basandosi su tre criteri essenziali: universalità, uguaglianza, equità. Tuttavia, questa missione è mutata nel tempo, a causa di varie riforme e dell’esigenza di far cassa, con risultati spesso discutibili, quando non oggettivamente negativi.
Si prendano alcuni dati di Osservasalute e del Censis, secondo i quali i tagli alla sanità indurrebbero 11 milioni di italiani a fare a meno di curarsi per ragioni economiche, spingendo nel contempo - chi può - a rivolgersi ai privati, specialmente i residenti in Calabria, Campania e Basilicata. Un divario notevole, misurabile perfino in termini di tempo: in caso di necessità, in Liguria un’ambulanza arriva sul luogo dell’intervento entro 13 minuti dalla chiamata. Al Sud occorre il doppio. Ed ancora: secondo Cittadinanzattiva, il 23% dei pazienti meridionali non accede a un intervento chirurgico entro 60 giorni, il 16% deve pazientare un mese se ha bisogno di una chemio e, mentre, l’attesa media di una mammografia al Nord è di 89 giorni, al Sud è di 142. Il che significa anche che i colpiti da tumore al Sud hanno 3 probabilità su 100 in meno di sopravvivere a 5 anni dalla diagnosi, rispetto a chi vive al Nord. Morale: con l’attuale stato delle cose, ed un apparato sanitario che costa pur sempre 114 miliardi di euro l’anno, nel Meridione si muore prima. A prescindere: chi nasce al Nord ha una speranza di vita in buona salute di 60,5 anni, al Sud non si va oltre i 56,6.
È evidente: l’approccio ragionieristico alla salute, per quanto sotto molti aspetti giustificato, si è rivelato critico, portando al paradosso per cui la spesa sanitaria pubblica pro capite in Puglia, Calabria e Campania supera la media nazionale, ma le famiglie meridionali che si impoveriscono per curarsi sono il 2,7%, contro lo 0,4% di quelle residenti al Nord. Oltre a ciò è serio il problema della penuria di medici, destinato ad aggravarsi nel tempo, e delle strutture sanitarie pubbliche (quelle lasciate aperte), sovente fatiscenti e prive di mezzi. Da dove cominciare? Dalla realtà: secondo Bloomberg, pur con le sue insopportabili criticità, il nostro Servizio Sanitario è comunque tra i migliori: il secondo in Europa, il quarto al mondo. Lo si deve alle sue solide fondamenta, ed al valore – quasi eroico – di chi lo manda avanti, per lavoro e con passione.
Di un passato tanto importante, che ancora preserva la sanità pubblica dagli sfaceli del presente, bisogna tutelare il cuore: la persona. È solo rimettendo l’uomo al centro di tutto e sopra ogni numero che si potranno eliminare disparità e buchi neri ed attuare il disposto dell’articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività».
* Arcivescovo di Catanzaro - Squillace e presidente della Conferenza episcopale calabra