Avvenire di Calabria

C'è una fortissima connessione tra la cultura ebraica e la Calabria di oggi. Si tratta di un'amicizia di cui sono ancora presentissime molte tracce

La Calabria e l’ebraismo: un’amicizia millenaria tra cedri perfetti, tipografi antesignani e la Giudecca di Reggio

Dalla prima Bibbia a caratteri mobili stampata sullo Stretto ai "cedri perfetti" della costiera cosentina. Scopri di più della storia calabro-giudaica

di Redazione Web

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C'è una fortissima connessione tra l'ebraismo e la Calabria di oggi. Si tratta di un'amicizia di cui sono ancora presentissime molte tracce. Dalla prima Bibbia a caratteri mobili stampata sullo Stretto ai "cedri perfetti" della costiera cosentina. Scopri di più della storia calabro-giudaica.

Ebraismo in Calabria, cultura ancora viva

Giungono a centinaia, ogni anno, tra la fine di luglio e l’inizio di settembre, da Budapest, Vienna, Parigi, Amburgo, Praga, Varsavia, Amsterdam, Odessa, Mosca, ma anche da New York e altre parti del mondo. Soggiornano a Diamante, San Nicola Arcella e Santa Maria del Cedro, in provincia di Cosenza, il tempo necessario a scegliere gli agrumi perfetti che serviranno per il Sukkot, la festa delle capanne che si celebra nelle comunità israelitiche tutti gli anni a ottobre secondo il calendario ebraico: ogni capo famiglia, infatti, durante la preghiera terrà nella mano sinistra il fascio del “Lulav” composto con rami di mirto, salice di fiume e palma, e nella destra un grande cedro a forma di cuore col peduncolo rivolto verso l’alto per rappresentare la perfezione a cui l’uomo deve tendere per arrivare a Dio.

La tradizione secolare del "cedro perfetto"

A raccontare questa peculiarità tutta calabrese è Avvenire. Per selezionare i frutti migliori, che crescono oltre che in Israele solo qui in Calabria, tra il mare Tirreno e il massiccio del Pollino dove trovano un microclima ideale e irripetibile, i rabbini usano una lente di ingrandimento: come prescritto dalla Torah, infatti, i frutti devono essere puri, cioè nati senza innesti, avere la buccia liscia, immacolata, priva di fori e macchie, devono pesare circa 80 grammi (e non superare i 250) e presentare una forma che assomigli il più possibile a un grande muscolo cardiaco. 

Quella dei rabbini che selezionano personalmente e con le proprie mani, uno alla volta, i cedri di Calabria è una tradizione sorta tre secoli fa ma gli alberelli di questo agrume vennero impiantati qui duemila anni orsono, in epoca ellenica e poi romana attraverso una mediazione culturale ebraica (esistevano allora consistenti comunità di ebrei in questa zona della regione). Le piantine sono raccolte in ordinati filari dentro serre che le proteggono senza alterare l’equilibrio climatico esterno che è determinato, proprio in quest’area, dall’incontro di due correnti opposte: quella calda che spira dal mare e quella fredda che arriva dalla montagna. Nella fascia di terra della riviera calabra detta, appunto, “dei cedri”, lunga circa 80 chilometri, di frutti sacri se ne raccolgono circa cinquemila quintali ogni stagione e, quelli perfetti, vengono pagati dai rabbini da 30 a 50 euro l’uno. La varietà è chiamata “Cedro Diamante” ed è considerata anche la più profumata oltre che saporita (benché la buccia sia spessa e la polpa scarna).


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Alle radici dell'amicizia millenaria tra ebraismo e Calabria

La lunga permanenza degli ebrei in Calabria – dal IV al XVI sec. d.C. – ha lasciato elementi tangibili su città e territorio, delineando un modello urbano riconoscibile grazie alla ricorrenza di costanti insediative che, verificate nei contesti di riferimento, i quartieri ebraici – le giudecche – calabresi, portano alla definizione di un modello urbano ebraico.

La presenza di insediamenti ebraici in Italia meridionale fino all’espulsione dal Regno di Napoli decretata dall’editto del 1541 di Isabella d’Aragona e Ferdinando il Cattolico è una realtà ben documentata nonostante sia nettamente differenziata a seconda dei periodi storici.

È soprattutto nel periodo aragonese che la Calabria si connota come luogo di forte presenza ebraica, a testimonianza sia di una maggiore tolleranza rispetto ai secoli precedenti sia di un clima economico fiorente garantito proprio dalle attività gestite dagli ebrei. “Pochi sanno che in Calabria c’erano 102 paesi dove gli ebrei vivevano”(2); tante sono le giudecche nel XV secolo che inserite a pieno nella vita cittadina, assumono anch’esse quelle connotazioni ricorrenti che fissano nel tempo le permanenze ancora riconoscibili.

Gli ebrei calabresi non conosceranno mai la residenza coatta in quartieri appositamente concepiti ma anche nelle realtà in cui beneficiano di un’alta integrazione sociale scelgono comunque di vivere in zone isolate, che solo grazie all’espansione del centro storico e quindi per ragioni indipendenti dalla volontà della comunità ebraica, possono mutarsi in periferiche o, al contrario, in aree interne al centro abitato.

“Gli Ebrei si spostarono in aree culturali separate non già a causa di pressioni esterne ma per deliberato proposito. I fattori che favorivano la fondazione da parte degli Ebrei di comunità localmente separate debbono essere cercati nel carattere delle tradizioni ebraiche, nelle abitudini e nei costumi non soltanto degli stessi Ebrei ma anche degli abitanti delle città medievali in generale. Agli Ebrei la comunità geograficamente separata e socialmente isolata sembrava offrire le condizioni migliori per seguire i loro precetti religiosi, per preparare i cibi in conformità al rituale religioso stabilito, per seguire le loro leggi dietetiche, per frequentare la sinagoga tre volte al giorno per le preghiere, per partecipare alle numerose funzioni di vita comunitaria che il dovere religioso imponeva a ogni membro della comunità”.

In seguito all’editto di espulsione, il popolo ebraico, dopo averla abitata sin dai romani, abbandona la Calabria e scompare nel giro di quattro mesi lasciando tracce nella storia, nella tradizione, tracce fisiche sul territorio che il tempo ha lentamente coperto e alterato, ma non cancellato del tutto. In alcuni casi la città attuale ha solo celato il volto delle giudecche, delle sinagoghe e degli altri edifici essenziali alla vita del quartiere.


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La prima Bibbia ebraica stampata e la sinagoga nascosta di Bova Marina

La prima stampa di una Bibbia ebraica avvenne nel capoluogo calabrese nell’anno 1475 per opera del tipografo Avrhaham ben Garton. Il preziosissimo volume, però, oggi non è custodito tra i confini della Regione Calabria, poiché si trova a Parma presso la Biblioteca Palatina.

Restando sempre in riva allo Stretto possiamo passare in rassegna uno dei luoghi di alto interesse ebraico sul territorio calabro: i resti della sinagoga di Bova Marina, a circa 30 Km da Reggio Calabria, che secondo il sondaggio risulta sconosciuta al 95% degli italiani. La sinagoga romana di Bova Marina, risalente al IV secolo è secondo gli esperti la seconda più antica d’Europa.

Venne casualmente alla luce durante i lavori di ammodernamento stradali. La scoperta fu determinante nello studio della presenza stabile ebraica in Calabria, L'edificio era formato da due ambienti quadrati. Nella sala si vede il pavimento a mosaico che contiene riquadri con disegni geometrici, i simboli della menorà, dell'ethrog e dal ramo di palma e dello shofar Il complesso venne distrutto intorno al VI secolo. Rimase comunque una presenza consistente e capillare di ebrei, di cui c’è parziale memoria nella toponomastica viaria di alcune località. Furono gruppi per lo più integrati nella società e nella vita economica locale, dediti ad importanti attività produttive e commerciali, ma anche legati agli studi ebraici e di medicina. Con la fine del dominio aragonese e il passaggio ai sovrani cattolici di Spagna, gli ebrei furono espulsi (o costretti a convertirsi) definitivamente nel 1541


PER APPROFONDIRE: Pentateuco di Reggio, Occhiuto: «Sia ammirato in Calabria»


Non è la prima volta che Avvenire di Calabria si occupa del rapporto tra ebraismo e Calabria. Nel 2018, l'avvocato reggino e studioso della materia, Giuseppe Mazzetti approfondì con un ciclo di articoli questa connessione.

«Con gli ebrei, la gente di Calabria ha costruito tanto perché – anche se oggi molti lo ignorano – è grazie alla presenza di tale comunità nel nostro territorio che è stato possibile dare impulso ad importanti scambi commerciali ed, in ogni caso, strutturare il nostro assetto economico in modo tale da garantire una seria prospettazione futura. Tracce di presenza ebraica nei nostri territori possiamo rinvenirle dal I sec. a.C. fino al definito provvedimento di espulsione di Carlo V del 1540, dopo il famoso decreto di Granada, meglio conosciuto anche come decreto di Alambra, posto in esecuzione dal 31 luglio 1492, anche se la comunità ebraica, sia pure in sparuti gruppi di falsi convertiti, rimase comunque in Calabria nei secoli successivi. Ci piace inoltre pensare alla etimologia ebraica della parola Italia – nella accezione riferita alla antica penisola italica, ossia la Calabria – come I (Aleph e Iod) –TAL ( Teth e Lamed) – YA (Iod ed Hey), “costa della rugiada di Dio”, per significare ulteriormente quanto questa terra fosse cara agli Ebrei e quanta importanza strategica possa avere acquisito nel corso dei secoli il commercio del vino e della seta», scriveva Mazzetti.

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